mercoledì, febbraio 24, 2010

La perversa via dell'Apartheid

E' da lungo tempo che vado sostenendo come lo stato d'Israele abbia intrapreso una via pericolosa che scuote le fondamenta democratiche della società stessa, che adesso sempre più si levano voci critiche contro uno status quo caratterizzato dalla politica del mangiar tempo abbinata al fatto compiuto.
Una di queste proviene da Henry Siegman, esperto del Medio Oriente e in modo particolare del conflitto arabo-israeliano, con un articolo sul Financial Times (For Israel, defiance comes at the cost of legitimacy) Partendo da un dato di fatto incontrovertibile, ossia che lo stato ebraico ha ormai superato la soglia limite per la soluzione politica di due stati (nessun governo ha la capacità e la volontà di sradicare più di mezzo milione di coloni), ne deduce come la conseguenza imminente sia l'apartheid nei confronti dei palestinesi, e non ha torto. Ecco il passo decisivo:
"The disappearance of the two-state solution is triggering a third transformation, which is turning Israel from a democracy into an apartheid state. The democracy Israel provides for its (mostly) Jewish citizens cannot hide its changed character. A democracy reserved for privileged citizens while all others are denied individual and national rights and kept behind checkpoints, barbed wire fences and separation walls manned by Israel’s military, is not democracy."
E lo sappiamo bene che fine hanno fatto regimi macchiati da una politica di discriminazione e razzismo.

giovedì, febbraio 04, 2010

«La reazione GIUSTA ai missili di Hamas lanciati da Gaza»: Berlusconi giustifica la guerra di Gaza

Una parola "GIUSTA", assente nel testo scritto ma che il presidente Berlusconi non ha mancato di pronunciare nell'intervento alla Knesset israeliana, qualifica pesantemente la presa di posizione nei confronti della guerra di Gaza dove le sole vittime, per la maggior parte civili, hanno superato le 1400 unità. Il primo ministro italiano certamente manca di audacia perché di fronte a una platea di parlamentari e leader israeliani non dire una sola parola sulla colonizzazione che da più di 40 anni non cessa di opprimere, non sbattere in faccia la complessità della realtà e pronunciare belle e altisonanti parole per compiacere all'ascoltatore è sintomo non di coraggio e amicizia, ma di opportunismo politico.
La realtà è nel Rapporto Goldstone e nei crimini commessi da ambo le parti, ma sempre con le doverose differenziazioni di ruolo e intensità (vedi post precedenti).
Ma anche se volessimo avvicinarci alle parole di Berlusconi e legittimare genericamente la reazione di Israele, il premier avrebbe potuto considerare quest'ultima come, ad esempio, "affrettata", "istintiva", "non pienamente valutata", persino addirittura "sproporzionata", come nei fatti lo è stata. Invece, neanche quel minimo tatto diplomatico ha impedito l'aggiunta deliberata dell'aggettivo "GIUSTA" senza i doverosi distinguo.
Le lodi gratuite fatte a Israele («il più grande esempio di democrazia e di libertà nel Medio Oriente», «il popolo ebraico è un "fratello maggiore"», «un avamposto della cultura europea e occidentale», «una vera democrazia, una società libera e orgogliosa della sua libertà, uno Stato libero e democratico in tutto eguale alle democrazie europee») sono alquanto sterili di fronte alla forza della realtà: la negazione coi fatti del diritto di autodeterminazione del popolo palestinese.
Cosa accadrà in futuro se lo stato ebraico riuscirà a ottenere la solidarietà delle maggiori potenze politiche mondiali, persino dopo un'insensata violenza come è accaduto a Gaza?