giovedì, ottobre 15, 2015

Ipocrisia e realtà

Ieri Papa Fracencesco ha espresso "perdono" a nome della Chiesa di fronte agli "scandali" che si sono veriifcati in Vaticano (e Roma) e subito ho pensato alla dichiarazionie pubblica di omosessualità del teologo e alto prelato polacco. Non condivido affatto due parole: scandalo e perdono. 
A mio parere, il gesto non ha niente a che fare con l'essere scandaloso ma è un atto molto coraggioso (e provocatorio) la cui piena consapevolezza di non sottostare a delle regole che si pongono fuori dalla realtà di una Chiesa arcaica, in primis quelle della castità e del celibato, cozza contro l'ipocrisia... 
Un'ipocrisia che sguazza nel vivere nell'anonimato e ogni volta un raro sussulto di coscienza viene tacciato come scandalo.

martedì, agosto 04, 2015

Genocidio a Srebrenica

L'attuale Primo ministro serbo Aleksandar Vučić disse il 20 luglio 1995: «If you kill one Serb, we will kill 100 Muslims». La gente ricorda, l'orrore della guerra fa ricordare («A massacre is not frozen in time. Its aftermath remains present in the survivors», così il rappresentante giordano). 
Il genocidio di Srebrenica con più di 8000 civili uccisi lascia profonde ferite ancora non cicratizzate e il veto della Russia alla risoluzione del Consiglio di sicurezza certamente non conduce a una lontana riconcilazione. Il motivo è che l'accusa di genocidio investe lo Stato collettivamente con una macchia indelebile benché i responabili siano i leader politici e militari di allora. 
La ragione profonda dell'istituzione delle Nazioni Unite? Memore degli orrori della Seconda guerra mondiale dove, a differenza della Grande guerra, ci fu un aumento esponeziale delle vittime civili, la prevenzione (e punizione) del genocidio. Alla riunione del Consiglio di sicurezza la rappresentante statunitense si espresse che certamente ci furono vittime da entrambe le parti in conflitto, ma:
«I could not bring myself to believe that Bosnian Serb forces would execute every Muslim man and boy in their custody. For all of the brutality of a horrific war, that was a singular horror. It was genocide, a fact now proven again and again by international tribunals» 
avvalorando la dichiarazione dell'Alto commissario per i diritti umani Aeid Ra'ad Al Hussein:
«The fact that all sides committed crimes was true, but this did not mean that all sides were equally guilty - not when scale and proportion were factored in»
Non essere riusciti ad avere una visione unitaria del Consiglio di un fatto ampiamente consolidato e assodato evoca come la sua divisione produca conseguenze sul campo di tanti teatri conflittuali, e di come l'uso sconsiderato del privilegio del veto da troppo tempo anacronistico conduca all'inazione al più alto livello.
Riconoscimento, ricordo, assenza di impunità e giustizia sono questi gli ingredienti che portano al difficile cammino verso la riconciliazione, alla convivenza fra culture in cui prevalga e sia incoraggiato lo spirito di tolleranza, l'accettazione delle differenze e il rispetto per le diversità.
Ecco la replica finale del rappresetante del Regno Unito che ha sponsorizzato la bozza di risoluzione:
«The draft resolution did not point fingers of blame, score political points or seek to reopen painful division. It did not link the crimes of Srebrenica to the Serb people. It recognized that there were victims on all sides ... but reconciliation must based on a shared acceptance of the fact that genocide occurred at Srebrenica. This is a legal fact, not a political judgement. On this there is no compromise. ... until past actions are acknowledged and accepted, we cannot move forward. As Adisada Dudic said so poignantly at the commemorative event last week, "Denial does not make the facts go away. It does not the change the past. And certainly does erase memory". It is denial, and not this draft resolution, that will cause division. Denial is the final insult to the victim»
Per approfondire qui


mercoledì, luglio 01, 2015

Indignazione

Il riassunto in queste poche righe il dramma continuo dei palestinesi, i numeri che tradiscono una spaventosa sproporzione nei fatti e nelle resonsabilità al di là delle chiacchiere. Per chi vuole riflettere.

«The UN report says that 2,251 Palestinians were killed in the war, including 1,462 civilians, of whom 299 were women and 551 children. (The Israelis put the figure at 2,125, of whom they say 36% were civilians.) Israel lost six civilians and 67 soldiers. Some 18,000 housing units were “destroyed in whole or part”, says the report, displacing 28% of Gaza’s people at the height of the battle» ("Fear od isolation", The Economist)

domenica, aprile 26, 2015

«Il fondamento della critica irreligiosa è: ...

l'uomo fa la religione, e non la religione l'uomo. Infatti, la religione è la coscienza di sé e il sentimento di sé dell'uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l'uomo non è un essere astratto, posto fuori del mondo. L'uomo è il mondo dell'uomo, Stato, società. Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo point d'honneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne compimento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dell'essenza umana, poiché l'essenza umana non possiede una realtà vera. La lotta contro la religione è dunque mediatamente la lotta contro quel mondo, del quale la religione è l'aroma spirituale. La miseria religiosa è insieme l'espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l'oppio del popolo. Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L'esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l'esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l'aureola.
La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l'uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi. La critica della religione disinganna l'uomo affinché egli pensi, operi, configuri la sua realtà come un uomo disincantato e giunto alla ragione, affinché egli si muova intorno a se stesso e perciò, intorno al suo sole reale. La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all'uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso. È dunque compito della storia, una volta scomparso l'al di là della verità, quello di ristabilire la verità dell'al di qua. È innanzi tutto compito della filosofia, la quale sta al servizio della storia, una volta smascherata la figura sacra dell'autoestraneazione umana, quello di smascherare l'autoestraneazione nelle sue figure profane. La critica del cielo si trasforma così nella critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica. ...
L'arme della critica non può certamente sostituire la critica delle armi, la forza materiale dev'essere abbattuta dalla forza materiale, ma anche la teoria diviene una forza materiale non appena si impadronisce delle masse. La teoria è capace di impadronirsi delle masse non appena dimostra ad hominem, ed essa dimostra ad hominem, non appena diviene radicale, Essere radicale vuol dire cogliere le cose alla radice. Ma la radice, per l'uomo, è l'uomo stesso. La prova evidente del radicalismo della teoria tedesca, dunque della sua energia pratica, è il suo partire dalla decisa eliminazione positiva della religione. La critica della religione finisce con la dottrina per cui l'uomo è per l'uomo l'essere supremo, dunque con l'imperativo categorico di rovesciare tutti i rapporti nei quali l'uomo è un essere degradato, assoggettato, abbandonato, spregevole, rapporti che non si possono meglio raffigurare che con l'esclamazione di un francese di fronte ad una progettata tassa sui cani: poveri cani! Vi si vuole trattare come uomini!» (Marx Karl, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel)

sabato, aprile 25, 2015

Ministro degli esteri marionetta

Neanche quando il Presidente degli Stati Uniti si accollla direttamente la responsabilità delle morte del cooperante italiano Lo Porto riusciamo a sfoggiare un minimo di serietà istituzionale.
Mai criticare gli USA gettando sempre e genericamente il peccato sui "terroristi". Che sia colpa del diavolo??! Che tristezza...

lunedì, aprile 06, 2015

La vitalità della concupiscenza

L'immagine comica, quasi esilarante delle suore che bramano il contatto fisico con Papa Fracesco "violando" il protocollo, il cardinale Sepe spiazzato da questo gesto di affettuosità che richiama in vernacolo alla compostezza della situazione, fa riflettere e al contempo suscita tristezza. Riflettere sugli ordini sacri della Chiesa cattolica che richiede un secondo battesimo per intraprendere una via più pura e lontana dal mondo per arrivare alla perfezione verso Dio; profonda tristezza all'udire che il cardinale aveva "autorizzato" l'uscita dal chiostro delle suore per l'incontro. Il fatto ha dato adito all'ironia dei comici sulla vita repressa delle donne (prima ancora di essere suore...) e alla risposta stizzita fino ad essere addirittura maliziosa delle Clarisse («per fare questo [abbracciare un uomo] avremmo scelto un altro luogo e ben altri uomini.. se avessimo voluto..»). Non riconosco un potere sacro che controlla la parte più intima di una persona, quella sessuale, perché non considero affatto peccato l'amore carnale; Lutero riteneva le relazioni sessuali fossero tanto necessarie e inevitabili come il mangiare e il bere. In generale, la Chiesa cattolica ha un concetto individualistico del peccato e una visione comunitaria del bene, quindi l'uomo se pecca è di sua esclusiva responsabilità mentre per compiere delle opere meritorie necessita dell'amore di Dio, ridotto a mero contabile nei confronti di scolari muniti di pagellina, e in piena libertà può solo cooperare a causa del peccato (comunitario) originale. Da tutto ciò si deduce il grande potere della Chiesa che ha avuto e tutt'ora esercita sulla vasta platesa di fedeli tutto incentrato sui sacramenti e sulle opere, un potere che rivendica il monopolio sul bene. Tutto ciò è stato scardinato da Lutero che ha soppresso la «servitù per devozione» con la «servitù per convinzione».
Ecco il passo di Marx del 1844:
«Lutero, in verità, vinse la servitù per devozione mettendo al suo posto la servitù per convinzione. Egli ha spezzato la fede nell'autorità, restaurando l'autortà della fede. Egli ha trasformato i preti in laici, trasformando i laici in preti. Egli ha liberato l'uomo dalla religiosità esteriore, facendo della religiosità l'interiorità dell'uomo. Egli ha emancipato il corpo dalle catene, ponendo in catene il cuore. Ma se il protestantesimo non fu la vera soluzione, fu tuttavia la vera impostazione del problema. Adesso bisognava non più che il laico lottasse contro il prete al di fuori di lui, ma contro il proprio prete interiore, contro la sua natura pretesca» (Per la critica della filosofia del diritto di Hegel)
Con gli anni, grazie alla conoscenza di tanti libri anche io mi sono liberato dalla servitù per devozione, dall'autorità dottrinale e morale della Chiesa. Per il mio carattere, un inguaribile ottimista, la religione cristiana aveva i giorni contati. Thomas Paine scrisse a riguardo:
«A sette o otto anno udii un sermone letto da un mio parente, un grande devoto della Chiesa sul tema dela cosiddetta redenzione per mezzo della morte del figlio di Dio. Finito il sermone, andai in giardino e mentre scendevo i gradini provai disgusto al ricordo di ciò che avevo udito, e pensai fra me e me che faceva agire Dio onnnipotente come un uomo passionale che uccide suo figlio perché non si può vendicare in altro modo: poiché ero certo che un uomo che avesse fatto una cosa simile  sarebbe stato impiccato, non riuscivo a capire a quale scopo predicassero questi sermoni. Non era uno di quei pensieri che hanno in sé una leggerezza infantile; per me era una riflessione seria, sorta dall'idea che Dio fosse troppo onnipotente [buono, misericordioso, ...] per trovarsi nella necessità di farlo. Adesso la penso allo stesso modo. E credo inoltre che un sistema religioso che ha in sé qualcosa che turba la mente di un bambino non possa essere vero. ... Il racconto cristiano di Dio padre che mette a morte suo figlio o che si serve di qualcuno per farlo non è cosa che un genitore possa dire a un bambino; dirgli poi che questo è stato fatto per rendere più felice e migliore il genere umano non fa altro che peggiorare la storia: come se il genere umano potesse essere migliore dall'esempio dell'assassinio. E dirgli che è tutto un mistero vuol dire trovare una scusa per l'incredibile» (L'età della ragione)  
Per d'Holbach, «se la condotta di Dio è un mistero per me, non è fatta per me»