domenica, aprile 26, 2015

«Il fondamento della critica irreligiosa è: ...

l'uomo fa la religione, e non la religione l'uomo. Infatti, la religione è la coscienza di sé e il sentimento di sé dell'uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l'uomo non è un essere astratto, posto fuori del mondo. L'uomo è il mondo dell'uomo, Stato, società. Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo point d'honneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne compimento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dell'essenza umana, poiché l'essenza umana non possiede una realtà vera. La lotta contro la religione è dunque mediatamente la lotta contro quel mondo, del quale la religione è l'aroma spirituale. La miseria religiosa è insieme l'espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l'oppio del popolo. Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L'esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l'esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l'aureola.
La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l'uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi. La critica della religione disinganna l'uomo affinché egli pensi, operi, configuri la sua realtà come un uomo disincantato e giunto alla ragione, affinché egli si muova intorno a se stesso e perciò, intorno al suo sole reale. La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all'uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso. È dunque compito della storia, una volta scomparso l'al di là della verità, quello di ristabilire la verità dell'al di qua. È innanzi tutto compito della filosofia, la quale sta al servizio della storia, una volta smascherata la figura sacra dell'autoestraneazione umana, quello di smascherare l'autoestraneazione nelle sue figure profane. La critica del cielo si trasforma così nella critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica. ...
L'arme della critica non può certamente sostituire la critica delle armi, la forza materiale dev'essere abbattuta dalla forza materiale, ma anche la teoria diviene una forza materiale non appena si impadronisce delle masse. La teoria è capace di impadronirsi delle masse non appena dimostra ad hominem, ed essa dimostra ad hominem, non appena diviene radicale, Essere radicale vuol dire cogliere le cose alla radice. Ma la radice, per l'uomo, è l'uomo stesso. La prova evidente del radicalismo della teoria tedesca, dunque della sua energia pratica, è il suo partire dalla decisa eliminazione positiva della religione. La critica della religione finisce con la dottrina per cui l'uomo è per l'uomo l'essere supremo, dunque con l'imperativo categorico di rovesciare tutti i rapporti nei quali l'uomo è un essere degradato, assoggettato, abbandonato, spregevole, rapporti che non si possono meglio raffigurare che con l'esclamazione di un francese di fronte ad una progettata tassa sui cani: poveri cani! Vi si vuole trattare come uomini!» (Marx Karl, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel)

sabato, aprile 25, 2015

Ministro degli esteri marionetta

Neanche quando il Presidente degli Stati Uniti si accollla direttamente la responsabilità delle morte del cooperante italiano Lo Porto riusciamo a sfoggiare un minimo di serietà istituzionale.
Mai criticare gli USA gettando sempre e genericamente il peccato sui "terroristi". Che sia colpa del diavolo??! Che tristezza...

lunedì, aprile 06, 2015

La vitalità della concupiscenza

L'immagine comica, quasi esilarante delle suore che bramano il contatto fisico con Papa Fracesco "violando" il protocollo, il cardinale Sepe spiazzato da questo gesto di affettuosità che richiama in vernacolo alla compostezza della situazione, fa riflettere e al contempo suscita tristezza. Riflettere sugli ordini sacri della Chiesa cattolica che richiede un secondo battesimo per intraprendere una via più pura e lontana dal mondo per arrivare alla perfezione verso Dio; profonda tristezza all'udire che il cardinale aveva "autorizzato" l'uscita dal chiostro delle suore per l'incontro. Il fatto ha dato adito all'ironia dei comici sulla vita repressa delle donne (prima ancora di essere suore...) e alla risposta stizzita fino ad essere addirittura maliziosa delle Clarisse («per fare questo [abbracciare un uomo] avremmo scelto un altro luogo e ben altri uomini.. se avessimo voluto..»). Non riconosco un potere sacro che controlla la parte più intima di una persona, quella sessuale, perché non considero affatto peccato l'amore carnale; Lutero riteneva le relazioni sessuali fossero tanto necessarie e inevitabili come il mangiare e il bere. In generale, la Chiesa cattolica ha un concetto individualistico del peccato e una visione comunitaria del bene, quindi l'uomo se pecca è di sua esclusiva responsabilità mentre per compiere delle opere meritorie necessita dell'amore di Dio, ridotto a mero contabile nei confronti di scolari muniti di pagellina, e in piena libertà può solo cooperare a causa del peccato (comunitario) originale. Da tutto ciò si deduce il grande potere della Chiesa che ha avuto e tutt'ora esercita sulla vasta platesa di fedeli tutto incentrato sui sacramenti e sulle opere, un potere che rivendica il monopolio sul bene. Tutto ciò è stato scardinato da Lutero che ha soppresso la «servitù per devozione» con la «servitù per convinzione».
Ecco il passo di Marx del 1844:
«Lutero, in verità, vinse la servitù per devozione mettendo al suo posto la servitù per convinzione. Egli ha spezzato la fede nell'autorità, restaurando l'autortà della fede. Egli ha trasformato i preti in laici, trasformando i laici in preti. Egli ha liberato l'uomo dalla religiosità esteriore, facendo della religiosità l'interiorità dell'uomo. Egli ha emancipato il corpo dalle catene, ponendo in catene il cuore. Ma se il protestantesimo non fu la vera soluzione, fu tuttavia la vera impostazione del problema. Adesso bisognava non più che il laico lottasse contro il prete al di fuori di lui, ma contro il proprio prete interiore, contro la sua natura pretesca» (Per la critica della filosofia del diritto di Hegel)
Con gli anni, grazie alla conoscenza di tanti libri anche io mi sono liberato dalla servitù per devozione, dall'autorità dottrinale e morale della Chiesa. Per il mio carattere, un inguaribile ottimista, la religione cristiana aveva i giorni contati. Thomas Paine scrisse a riguardo:
«A sette o otto anno udii un sermone letto da un mio parente, un grande devoto della Chiesa sul tema dela cosiddetta redenzione per mezzo della morte del figlio di Dio. Finito il sermone, andai in giardino e mentre scendevo i gradini provai disgusto al ricordo di ciò che avevo udito, e pensai fra me e me che faceva agire Dio onnnipotente come un uomo passionale che uccide suo figlio perché non si può vendicare in altro modo: poiché ero certo che un uomo che avesse fatto una cosa simile  sarebbe stato impiccato, non riuscivo a capire a quale scopo predicassero questi sermoni. Non era uno di quei pensieri che hanno in sé una leggerezza infantile; per me era una riflessione seria, sorta dall'idea che Dio fosse troppo onnipotente [buono, misericordioso, ...] per trovarsi nella necessità di farlo. Adesso la penso allo stesso modo. E credo inoltre che un sistema religioso che ha in sé qualcosa che turba la mente di un bambino non possa essere vero. ... Il racconto cristiano di Dio padre che mette a morte suo figlio o che si serve di qualcuno per farlo non è cosa che un genitore possa dire a un bambino; dirgli poi che questo è stato fatto per rendere più felice e migliore il genere umano non fa altro che peggiorare la storia: come se il genere umano potesse essere migliore dall'esempio dell'assassinio. E dirgli che è tutto un mistero vuol dire trovare una scusa per l'incredibile» (L'età della ragione)  
Per d'Holbach, «se la condotta di Dio è un mistero per me, non è fatta per me»