martedì, agosto 04, 2015

Genocidio a Srebrenica

L'attuale Primo ministro serbo Aleksandar Vučić disse il 20 luglio 1995: «If you kill one Serb, we will kill 100 Muslims». La gente ricorda, l'orrore della guerra fa ricordare («A massacre is not frozen in time. Its aftermath remains present in the survivors», così il rappresentante giordano). 
Il genocidio di Srebrenica con più di 8000 civili uccisi lascia profonde ferite ancora non cicratizzate e il veto della Russia alla risoluzione del Consiglio di sicurezza certamente non conduce a una lontana riconcilazione. Il motivo è che l'accusa di genocidio investe lo Stato collettivamente con una macchia indelebile benché i responabili siano i leader politici e militari di allora. 
La ragione profonda dell'istituzione delle Nazioni Unite? Memore degli orrori della Seconda guerra mondiale dove, a differenza della Grande guerra, ci fu un aumento esponeziale delle vittime civili, la prevenzione (e punizione) del genocidio. Alla riunione del Consiglio di sicurezza la rappresentante statunitense si espresse che certamente ci furono vittime da entrambe le parti in conflitto, ma:
«I could not bring myself to believe that Bosnian Serb forces would execute every Muslim man and boy in their custody. For all of the brutality of a horrific war, that was a singular horror. It was genocide, a fact now proven again and again by international tribunals» 
avvalorando la dichiarazione dell'Alto commissario per i diritti umani Aeid Ra'ad Al Hussein:
«The fact that all sides committed crimes was true, but this did not mean that all sides were equally guilty - not when scale and proportion were factored in»
Non essere riusciti ad avere una visione unitaria del Consiglio di un fatto ampiamente consolidato e assodato evoca come la sua divisione produca conseguenze sul campo di tanti teatri conflittuali, e di come l'uso sconsiderato del privilegio del veto da troppo tempo anacronistico conduca all'inazione al più alto livello.
Riconoscimento, ricordo, assenza di impunità e giustizia sono questi gli ingredienti che portano al difficile cammino verso la riconciliazione, alla convivenza fra culture in cui prevalga e sia incoraggiato lo spirito di tolleranza, l'accettazione delle differenze e il rispetto per le diversità.
Ecco la replica finale del rappresetante del Regno Unito che ha sponsorizzato la bozza di risoluzione:
«The draft resolution did not point fingers of blame, score political points or seek to reopen painful division. It did not link the crimes of Srebrenica to the Serb people. It recognized that there were victims on all sides ... but reconciliation must based on a shared acceptance of the fact that genocide occurred at Srebrenica. This is a legal fact, not a political judgement. On this there is no compromise. ... until past actions are acknowledged and accepted, we cannot move forward. As Adisada Dudic said so poignantly at the commemorative event last week, "Denial does not make the facts go away. It does not the change the past. And certainly does erase memory". It is denial, and not this draft resolution, that will cause division. Denial is the final insult to the victim»
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