giovedì, settembre 22, 2011

Le "scorciatoie" di Obama

E finalmente ci siamo arrivati! Il giorno in cui l'Autorità palestinese e l'OLP in seno alle Nazioni Unite dichiareranno al mondo l'intenzione formale di entrare come entità statuale nel consesso della Comunità internazionale. Come risposta al salto di qualità di strategia diplomatica intrapresa dalla leadership palestinese il presidente statunitense ha chiarito che " non c'è scorciatoia per terminare il conflitto che dura da decenni", ripetendo il famoso mantra:

«it is the Israelis and the Palestinians - not us - who must reach agreement on the issues that divide them: on borders and on security, on refugees and Jerusalem. Ultimately, peace depends upon compromise among people who must live together long after our speeches are over, long after our votes have been tallied. That’s the lesson of Northern Ireland, where ancient antagonists bridged their differences. That’s the lesson of Sudan, where a negotiated settlement led to an independent state. And that is and will be the path to a Palestinian state -- negotiations between the parties.»

Per una serie di circostanze all'indomani della guerra del Sei giorni del '67 i paesi arabi non hanno capito l'urgenza di confrontarsi diplomaticamente con Gerusalemme e con i famosi tre no di Karthoum hanno "incentivato" loro malgrado Israele ad iniziare quell'impresa di colonizzazione che tanto deleteria si è rivelata per la società e lo Stato israeliano in primis: più di 600.000 coloni nella West Bank e a Gerusalemme alimentano la situazione di discriminazione che esiste in questi territori. 
La richiesta del presidente palestinese all'ONU è una dichiarazione legittima contro l'occupazione per salvare la formula tanto cara anche all'Amministrazione americana "due territori per due stati che vivono in pace e sicurezza con riconosciuti confini".  
Condivido le parole di Obama che «Peace is hard work. Peace will not come through statements and resolutions at the United Nations - if it were that easy, it would have been accomplished by now. Ultimately, it is the Israelis and the Palestinians who must live side by side. Ultimately, it is the Israelis and the Palestinians - not us - who must reach agreement on the issues that divide them: on borders and on security, on refugees and Jerusalem», ma non si può rimanere inermi dall'inizio dal cosiddetto "processo di pace" degli anni novanta mentre Israele accelerava l'occupazione e bollare venti anni dopo l'iniziativa palestinese all'ONU come unilaterale! 
E la vera scorciatoia è l'occupazione israeliana che progredisce incessantemente proprio e soprattutto nei momenti dello stallo diplomaticamente bilaterale, l'azione unilaterale che ha sempre contraddistinto le azioni concrete sul terreno da parte di Israele. Questo purtroppo è il vulnus che è insito nei negoziati diretti e che ha inevitabilmente portato i palestinesi ha rivolgersi alle Nazioni Unite anzitutto come mezzo di pressione internazionale benché la strada intrapresa è lunga e irta di ostacoli, primo fra tutti il dichiarato uso del veto americano al Consiglio di Sicurezza sulla probabile risoluzione di "raccomandazione" necessaria all'iter di ammissione.