domenica, gennaio 19, 2014

Mascherare la verità

E' di pochi giorni fa la notizia, alquanto bizzarra, che il Re del Marocco Mohamed VI ha invitato il suo popolo e persino la nutrita comunità ebraica di pregare Dio affinché scongiurasse la prospettiva di una carestia durante questo anno. Dando credito al subdolo comportamento delle autorità marocchine perché non voglio credere alla loro buona fede, l'appello si configura come un vero e proprio caso scuola in cui siamo in presenza di una strumentalizzazione delle credenze finalizzata a mascherare la verità.                      
E siamo nel 2014... ma possiamo ben vedere come le religioni influiscano pesantemente sugli stili di vita delle persone.
«Il mondo è pieno di opinioni ridicole e vane: per sostenerle, infatti, non c'è niente di meglio che l'ignoranza. E' l'ignoranza l'unica fonte delle false idee che si hanno della divinità, dell'anima, degli spiriti e di tutti gli errori che ne derivano. Ed è una consuetudine ormai prevalsa quella di accontentarsi dei pregiudizi avuti fin dalla nascita, di affidarsi per ogni cosa a persone pagate per sostenere le opinioni tradizionali accettate, e quindi interessate a persuadere il popolo, che siano vere o false. ...si insegna al popolo a crederle [le idee su Dio] senza discuterle, infondendo anzi avversione per i veri uomini di dottrina che potrebbero fargli conoscere gli errori in cui è immerso.        I sostenitori di queste assurdità hanno avuto così successo che sarebbe pericoloso combatterli. Per questi impostori è troppo importante che il popolo sia ignorante per sopportare che lo si disinganni. Così si è costretti a mascherare la verità. ...Anche i grandi e i potenti, benché sappiano di che si tratta, non vogliono né turbarla né ostacolarla [la superstizione], ben sapendo che è uno strumento molto adatto per guidare un popolo»    (Trattato dei tre impostori: Mosè, Gesù, Maometto
E' la pigrizia mentale che ci fa accontentare e accettare le credenze di una religione fin dalla tenera età, immersi in un contesto culturale in cui la consuetudine e tradizione portati avanti da così tanto tempo finiscono per diventare istinto che solo un robusto senso critico abbinato alla ricerca possono evitare:
«La nazione, il paese, il luogo dà la religione; si è di quella religione che si pratica nel luogo dove si è nati e cresciuti: siamo circoncisi, battezzati, Ebrei, Maomettani, Cristiani prima ancora di sapere che siamo uomini; la religione non è di nostra scelta ed elezione»             (Trattato dei tre impostori: Mosè, Gesù, Maometto) 

E' ancora pienamente attuale la riflessione di Feuerbach che fece nel 1846:
«Come si spiega che l'Oriente non abbia una storia così viva e così animata dal progresso come l'Occidente? Perché in Oriente l'uomo non dimentica per l'uomo la natura, non dimentica per lo splendore dell'occhio umano lo splendore delle stelle e delle pietre preziose, né per il retorico «tuoni e fulmini!» il fulmine e il tuono della meteorologia, né, per il corso delle vicende quotidiane, il corso del sole e delle stelle, e nemmeno per l'alternarsi della moda l'alternarsi delle stagioni. E' ben vero che anche l'orientale si getta nella polvere di fronte allo splendore della potenza e della dignità sovrana, politica, ma anche questo splendore non è altro che il riflesso del sole e della luna; egli vede il re non come un ente terreno e umano, ma come un ente celeste, divino.                     Ma accanto a un Dio l'uomo scompare; soltanto quando la terra si spoglia dei suoi caratteri divini gli dèi salgono al cielo, e diventano da enti reali, enti soltanto rappresentati; soltanto allora gli uomini hanno a loro disposizione uno spazio sufficiente, soltanto allora essi possono deporre ogni timidezza e mostrarsi e farsi valere come uomini. Nei confronti dell'occidentale l'orientale si trova nella situazione della campagna rispetto a quella della città. Il primo è dipendente dalla natura, il secondo dall'uomo, il primo si orienta sulla base delle indicazioni del barometro, il secondo sull'andamento della borsa, il primo sulla base dei segni dello zodiaco, che restano sempre eguali e se stessi, il secondo sulla base dei segni sempre mutevoli dell'onore, della moda e dell'opinione. Soltanto gli abitanti della città, quindi, fanno storia; soltanto la «vanità» umana è il principio della storia. Si trova in condizione di compiere azioni storiche soltanto colui che è in grado di sacrificare la forza della natura alla forza dell'opinione, la sua vita al suo nome, la sua esistenza corporea alla sua esistenza interpretata e raccontata dai posteri»             (Essenza della religione