giovedì, settembre 27, 2012

E l'uomo creò Dio.

Proprio così, se prendessimo le parole della Bibbia capovolgendole avremmo questa frase che in tutta la storia di fatto è stata la forza più propulsiva di ogni altra. Una "necessità" ineludibile che poteva rispondere, benché parzialmente, all'arbitrarietà di una vita contingente. La religione, o per meglio dire, i sistemi religiosi hanno la funzione di stabilità la dove questa non può esservi, prospettare risposte la dove non può esserci alcune risposta logica e lenire le sofferenze di un'esistenza.
Sono del parere che:
"Se il modo in cui ogni uomo muore sembra di solito in balia dell'arbitrio, la sua mortalità è ineludibile. Le umane vite sono piene di simili combinazioni di necessità e di caso. Siamo tutti consci della contingenza e ineluttabilità del nostro particolare patrimonio genetico, del nostro sesso, del periodo in cui siamo nati, delle nostre capacità fisiche, della nostra madre-lingua, e così via. Il grande merito delle tradizionali visioni religiose del mondo (che naturalmente va distinto dal ruolo che hanno avuto nel legittimare precisi sistemi di dominio e sfruttamento) è stata la loro attenzione all'uomo nel cosmo, all'uomo come essere, alla contingenza della vita.    Il modo in cui, per migliaia di anni, buddismo, cristianesimo o Islam sono riusciti a sopravvivere in dozzine di diverse formazioni sociali testimonia la forza della loro risposta allo schiacciante fardello dell'umano soffrire - malattie, mutilazioni, dolore, vecchiaia e morte. Perché sono nato cieco? Perché il mio migliore amico è paralizzato? Perché mia figlia è ritardata? Le religioni cercano di spiegare. La grande debolezza di tutte le correnti di pensiero evoluzioniste-progressiste, incluso il marxismo, è che a tali domande rispondono con impaziente silenzio.  Allo stesso tempo, e in modi diversi, il pensiero religioso risponde anche a oscuri presagi d'immortalità, in genere trasformando la fatalità in continuità (karma, peccato originale...).     Per questa via esso è coinvolto nei nessi tra il morto e l'ancora nato, nel mistero della ri-generazione. Chi può vivere la concezione e nascita del proprio figlio senza l'oscura apprensione di combinata connessione, di casualità e fatalità in un linguaggio di «continuità»?" [Benedict Anderson, Comunità immaginate. Origini e fortuna dei nazionalismi, 1991]

Dello stessa linea è stato Freud:
"...Ecco la terra che trema, si squarcia e seppellisce tutto ciò che esiste di umano e ogni cosa prodotta dall'uomo, l'acqua, che sollevandosi inonda e sommerge tutto; la tempesta, che spazza via ogni cosa. Ecco le malattie... ed ecco, infine, l'enigma doloroso della morte, contro la quale nessun farmaco è stato ancora né probabilmente si troverà mai. ... Per l'individuo singolo la vita è dura da sopportare [e quindi]... esige una consolazione. [L'uomo si sforza e cerca di] ... umanizzare la natura [ma] ... quando personifica le forze della natura, l'uomo si conform[a] a un modello infantile, ... la morte stessa non è alcunché di spontaneo. ... E' impresa senz'altro assurda voler eliminare la religione violentemente e di colpo. Soprattutto perché è impresa disperata. Il credente non si lascerebbe strappare la sua fede né tramite argomentazione né tramite proibizioni. E se anche la cosa riuscisse, sarebbe una crudeltà. Chi per decenni ha preso sonniferi naturalmente non può dormire se ne viene privato. Che l'effetto delle consolazioni religiose possa essere paragonato a quello di un narcotico appare chiaramente da quando sta succedendo in America [il proibizionismo, 1920-1933]. Ivi - manifestamente per influenza del domino femminile - si vogliono oggi privare gli uomini di tutti i generi di consumo eccitanti, inebrianti e voluttuari e, a titolo di risarcimento, li si sazia di timore di Dio. ... Ma l'infantilismo non è forse destinato a essere superato? L'uomo non può rimanere eternamente bambino, prima o poi deve avventurarsi nella «vita ostile». Questa può venir chiamata l'«educazione alla realtà». ... La voce dell'intelletto umano è fioca, ma non ha pace finché non ottiene udienza... [e] a lungo andare nulla può resistere alla ragione e all'esperienza. ... La civiltà ha poco da temere dagli uomini colti e da chi si dedica al lavoro intellettuale. In costoro, per quanto riguarda il comportamento civile, la sostituzione dei motivi religiosi con motivi diversi, laici, può avvenire senza strepitio, questi individui sono inoltre in gran parte portatori di civiltà. Le cose prendono un'altra piega quando si tratta di persone incolte, di uomini oppressi, che hanno tutti i motivi di essere nemici della civiltà. Tutto va bene finché non si accorgono che non si crede più in Dio. Ma prima o poi dovranno pur accorgersene." [Sigmund Freud, L'avvenire di un'illusione, 1927]
Nel XVIII secolo Voltaire avevo scritto che «Se Dio non esistesse bisognerebbe inventarlo»

venerdì, giugno 22, 2012

«Perché non vi ribellaste?». La collababorazione ebraica alla Shoa

Alla maturità di quest'anno la traccia del tema storico prende lo spunto dal libro della scrittrice ebrea Hannah Arendt, "La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme" (Feltrinelli, Milano 1964), e in modo più specifico da un passo tratto dal capitolo settimo "La conferenza di Wannsee, ovvero Ponzio Pilato" dove si è pianificato pubblicamente e a tavolino la "soluzione finale" nei confronti degli ebrei nei territori occupati dalla Germania. Un'ulteriore salto di qualità della gerarchia nazista con l'obiettivo sistematico dell'annientamento, un argomento questo che trova concordi la quasi totalità degli studiosi eccetto qualche negazionista che appunto rifiuta o minimizza le cifre delle vittime ebree che sono uscite dai campi di sterminio della Seconda guerra mondiale. Proprio la Arendt riporta Eichmann: 
«"Qui a questa conferenza, avevano parlato i personaggi più illustri, i papi del Terzo Reich". Ora egli vide con i propri occhi e udì con le prorie orecchie che... i più qualificati esponenti dei buoni vecchi servizi civili si disputavano l'onere di dirigere questa "crudele" operazione. «In quel momento mi sentii una specie di Ponzio Pilato, mi sentii libero da ogni colpa». ...Egli non fu né il primo né l'ultimo ad essere rovinato dalla modestia. ...Eichmann ebbe dunque molte occasioni di sentirsi come Ponzio Pilato, e col passare dei mesi e degli anni non ebbe più bisogno di pensare» (pp. 122, 142 "La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme" ) 

Quello che voglio sottolineare è che proprio nel capitolo settimo la Arendt solleva un punto molto controverso e scottante al tempo stesso: la collaborazione attiva e la responabilità dei capi ebraici allo sterminio del loro popolo (pag. 125 «Per un ebreo, il contributo dato dai capi ebraici alla distruzione del proprio popolo, è uno dei capitoli più foschi di tutta quella fosca vicenda»).
Riporto alcuni passi significativi per riflettere:


«Eichmann o i suoi uomini comunicavano ai Consigli ebraici degli Anziani [Judenrat] quanti ebrei occorrevano per formare un convoglio, e quelli preparavano gli elenchi delle persone da deportare. E gli ebrei si facevano registrare, riempivano innumerevoli moduli, rispondevano a pagine e pagine di questionaru riguardanti i loro beni, in modo da agevolare il sequestro; poi si radunavano nei centri di raccolta e salivano sui treni. I pochi  che tentavano di nascondersi o di scappare venivano ricercati da uno speciale corpo di polizia ebraico. A quanto constava ad Eichmann nessuno protestava, nessuno si rifiutava di collaborare. ... La semplice condiscendenza non sarebbe mai bastata né ad appianare le enormi difficoltà di un'oprezione che presto interessò tutta l'Europa occupata o alleata dei nazisti, né a tranquillizzare la coscienza degli esecutori, i quali in fondo erano stati educati al comandamento "Non ammazzare" e conoscevano il versetto della Bibbia "Tu hai ucciso e tu hai ereditato"» (p. 123)
«Naturalmente egli [Eichmann] non si aspettava che gli ebrei condividessero il generale entusiasmo per la loro distruzione, ma si aspettava qualcosa di più che la condiscendenza: si aspettava - e la ebbe in misura eccezionale - la loro collaborazione.Questa era la pietra angolare  di tutto ciò che faceva. ...Senza l'aiuto degli ebrei nel lavoro amministrativo e poliziesco... o ci sarebbe stato il caos completo oppure i tedeschi avrebbero dovuto distogliere troppi uomini dal fronte. ("E' fuor di dubbo che senza la collaborazione delle vittime ben difficilmente poche migliaia di presone, che per giunta lavoravani quasi tutte a tavolino , avrebbero potuto liquidare molte centinaia di migliaia di altri esseri umani... Lungo tutto il viaggio verso la morte, gli ebrei polacchi di rado vedevano più di un pugno di tedeschi". Così dice R. Pendorf.)» (p. 125)
«I funzionari ebrei erano incaricati di compilare le liste delle persone da deportare e dei loro beni, di sottrarre ai deportati il danaro per pagare le spese della deportazione e dello sterminio di tenere aggioranto l'elenco degli alloggi rimasti vuoti, di fornire forze di polizia per aiutare a catturare gli ebrei e a caricarli sui treni, e infine, ultimo gesto, di consegnare in buon ordine gli inventari dei beni della comunità per la confisca finale» (pp. 125-126)
«La soluzione finale si era svolta in un'atmosfera soffocante e avvelenata, e vari testimoni dell'accusa avevano confermato, lealmente e crudelmente, il fatto già ben noto che nei campi molti lavori materiali connessi allo sterminio erano affidati a speciali reparti ebraici; evevano narrato come questi lavorassero nelle camere a gas e nei crematori, estrassero i denti d'oro e tagliassero i capelli ai cadaveri, scavassero le fosse e più tardi riesumassero le salme per far sparire ogni traccia; avevano narrato come tecnici ebrei avessero costruito camere a gas a Theresienstadt e come qui l'"autonomia ebraica fosse arrivata al punto che perfino il boia era ebreo». (p. 130)
«Certo il popolo ebraico nel suo complesso era rimasto disorganizzato, non aveva avuto un terrirorio, un governo, un esercito: non aveva avuto un governo in esilio che lo rappresentasse presso gli Alleati (l'Agenzia ebraica per la Palestina, presieduta da Weizmann, era stata soltanto un miserabile surrogato), né depositi di armi, né una gioventù militarmente addestrata. Ma la verità vera era che sia sul piano locale che su quello internazionale c'erano state comunità ebraiche, partiti ebraici, organizzazioni assistenziali. Ovunque c'erano ebrei, c'erano stati capi ebraici riconosciuti, e questi capi quasi senza eccezioni, avevano collaborato con i nazisti, in un modo o nell'altro, per una ragione o per l'altra. La verità vera era che se il popolo ebraico fosse stato realmente disorganizzato e senza capi, dappertutto ci sarebbe stato caos e disperazione, ma le vittime non sarebbero state quasi sei milioni» (p.132)
«Se ci siamo soffermati tanto su questo aspetto della storia dello sterminio, aspetto che il processo di Gerusalemme mancò di presentare al mondo nelle sue vere dimensioni, è perché esso permette di farsi un'idea esatta della vastità del crollo morale provocato dai nazisti nella "rispettabile" società europea - non solo in Germania ma in quasi tutti i paesi, non solo tra i persecutori ma anche tra le vittime» (p. 133)  

lunedì, marzo 05, 2012

«I Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall'uso della forza, sia contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite»

We all prefer to resolve this issue diplomatically.  Having said that, Iran’s leaders should have no doubt about the resolve of the United States -- (applause) -- just as they should not doubt Israel’s sovereign right to make its own decisions about what is required to meet its security needs.  (Applause).                    [Fonte il sito della Casa Bianca]
Questo è a mio pare il passo più significativo del discorso che Obama ha tenuto davanti alla potente lobby degli ebrei americani, un nocciolo farcito da tante e ripetute parole per allentare la tensione e la voglia di intraprendere seriamente la via della guerra preventiva per risolvere una volta per tutte la possibilità (e la minaccia per loro) che un Iran indipendente e ostile possa dotarsi di armamenti nucleari. Paladini di questa soluzione estrema sono il Congresso, ovviamente bipartisan e il governo israeliano.
"Traducendo" queste parole, Obama mette in chiaro al regime iraniano come la linea principe sia quella diplomatica (pressioni, sanzioni) ma soprattutto che un'eventuale operazione militare da parte dello stato ebraico sia nel suo diritto e non produrrà alcun veto da parte degli Stati Uniti. Come dire, Israele ha il semaforo verde americano ma dovrà fare a meno di una sua partecipazione diretta e concreta alla fase militare eccetto per difendere Gerusalemme.
La scelta di intraprendere con vigore la via diplomatica è "dettata" in primo luogo dall'aver ricevuto nel 2009 il premio Nobel per la pace ("for his extraordinary efforts to strengthen international diplomacy and cooperation between peoples") proprio qualche mese dopo l'entrata in carica a Presidente degli USA, ed in secondo luogo (lo spero!) dal non voler infrangere la regola base della convivenza internazionale espressa nell'art. 2 par. 4 della Carta dell'ONUI Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall'uso della forza, sia contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite») in una fase un cui il Presidente americano ha pensato bene di avvertire la platea che «already, there is too much loose talk of war».