domenica, dicembre 14, 2014

La sacralizzazione dell'amore

Davanti allo stillicidio di donne ammazzate dai loro uomini vorrei avanzare il mio pensiero per provocare e nel contempo rifllettere su questa allarmante realtà. Il contesto sociale è il matrimonio cattolico in un paese come l'Italia dove almeno formalmente il 98% è battezzato, ma includo anche il rapporto generico continuativo tra uomo e donna. Certamente la spinta a questi atti estremi testimonia la fragilltà, l'insicurezza, la paura degli uomini nel relazionarsi con una donna che di fronte alla temuta fine di un rapporto reagiscono con il metodo violento (e più semplice), fuggono dalle proprie responsabilità.
Ci sono, seppur indirette, responsabilità del matrimonio cattolico, cosiddetto "indissolubile"? Perché gli sposi promettono amore e fedeltà fino alla fine giorni, per sempre? Parole forti per chi ha sentimento religioso dette in una cerimonia solenne ma che nascondono una insidia: la sacralizzazione dell'amore.
Considerare uno dei sentimenti più naturalì, più istintivi, più belli della persona nei confronti del prossimo su un piano diverso, su una dimensione divina significa separarlo dalla realtà concreta per farlo continuare a vivere in una realtà ideale, a volte in stridente contrasto. La sicurezza e la protezione della benedizione di un Dio che proteggerà la nuova unione e soprattutto renderà indissolubile il legame, a prescindere dai comportamenti umani, «l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto» (Mt 19,6), è una specie di consolazione. E quando l'amore tra due persone finisce? Quando la realtà cambia direzione? E' una cosa del tutto naturale e non dico che è un'eccezione o al giorno d'oggi una normalità, affermo solo che è un fatto assolutamente normale vedere che il sentimento possa scemare e terminare. Invece ecco dischiudersi la tragedia, ecco fuoriuscre la violenza che colpevolizza la persona, ecco la paura di affrontare le proprie responsabilità mentre per Dio, che non sbaglia mai, l'unione rimane indissolibile, eterna, immodificabile. Imputare la colpa è sempre una necessità e non una delle tante eventualità che accadono durante il corso vita proprio perché si rende sacro l'amore, ci si aggrappa a questa metafisica quasi che fosse equiparabile a un possesso indissolubile
Per non scadere nella superficialità dovremmo prendere in considerazione altre tematiche correlate come la dignità della donna, la morale sessuale cattolica, ma credo che anche inconsapevolmente il matrimonio cattolico abbia le sue responsabilità per l'influenza su menti fragili.
Ecco come si espresse il biblista Giuseppe Barbaglio tratto dal  libro di Carmelo Abbate "Sex and Vatican. Viaggio segreto nel regno dei casti":
«L'amore tra maschio e femmina vale per se stesso: non ha bisogno di benedizioni sacre. L'amato e l'amata non sono marito e moglie, ma maschio e femmina. L'amore non ha bisogno di essere reso onesto da una struttura giuridica. Non è il matrimonio che rende onesto l'amore, se mai sarà il luogo dove si vive. L'amore ha una dimensione profondamente corporea, erotica: non ha bisogno di essere coonestato da spiritualizzazione»
E' il buon senso... che però fatica tanto a farsi strada. Sapere aude! 

mercoledì, settembre 17, 2014

Riflettere d'Holbach

Fresco di lettura del "Buon Senso" sono rimasto piacevolmente sorpreso di questa operetta scritta nel 1772 in un'epoca dove iniziavano a serpeggiare i fermenti rivoluzionari nella Francia d'ancient régime, e nel contempo attualissimo nel contenuto materialista e dissacrante che tenta di strappare le fantasie degli uomini su un Dio costruito e ricondurle al buon senso. Un titolo brillante e azzeccatissimo che già il barone ne dà la chiara definizione nella prefazione: «quella parte della capacità di giudizio che è sufficiente per conoscere le verità più semplici, per rifiutare le assurdità più manifeste, per rimanere colpiti da contraddizioni evidenti».
E' un post particolare, diverso da tutti i precedenti in cui elencherò i passi e le frasi a mio parere più significativi  con l'avvertenza di leggerli senza alcun pregiudizio:

«L'abitudine non ragiona mai»
«Gli uomini saranno buoni quando saranno ben istruiti»
«La verità è semplice, l'errore è complicato»
«Gli uomini sono infelici solo perché sono ignoranti»
«La teologia è un insulto continuo alla ragione»
«Il mondo visibile è scomparso per far posto a plaghe invisibili. La ragione è costretta a cedere all'immaginazione»
«La religione sostiene che l'uomo non può smettere per un solo istante di fantasticarci sopra [Dio]»
«La religione sia l'arte di tenere occupate le menti limitate degli uomini su ciò che esse non sono in grado di comprendere»
«La nozione di Dio non entrerà mai nell'intelletto umano»
«Quando si ha paura, si cessa di ragionare»
«Il superstizioso vuole aver paura, la sua immaginazione lo richiede»
«Gli uomini sono dei malati immaginari»
«Se la religione fosse chiara, avrebbe molto meno attrattiva per gli ignoranti. Essi hanno bisogno di oscurità, di prodigi, di misteri, di terrori, di favole, di cose incredibili che li facciano sempre lavorare di fantasia. I romanzi, le leggende tenebrose, i racconti di fantasmi e di stregoni esercitano sulle menti del volgo ben più fascino che le storie vere. In fatto di religione, gli uomini non sono che dei grandi bambini. Più una religione è assurda e piena di stranezze, più acquista diritti su di loro. Il devoto si crede obbligato a non porre alcun limite alla propria credulità: più le cose sono inconcepibili, più gli sembrano divine; più sono incredibili, più egli s'immagina che il credervi sia un merito» [Cfr: "Credo perché è assurdo" di Tertulliano]
«I teologi trattano gli uomini come fanciulli, che non fanno mai obiezioni sulla veridicità dei racconti che ascoltano»
«Adorare Dio significa adorare le finzioni del proprio cervello, o, meglio ancora, non adorare nulla»
«Tutti i bambini son atei: essi non hanno alcuna idea di Dio»
«Gli uomini credono in Dio fidandosi soltanto di coloro che non ne sanno niente di più che essi stessi»
«La religione passa dai padri ai figli, come i beni di famiglia coi loro gravami. Ben pochi nel mondo, avrebbero un Dio, se qualcuno non si fosse preso cura di darglielo. Ciascuno riceve dai suoi genitori e dai suoi maestri il Dio che essi hanno ricevuto a loro volta; ma, seguendo il suo carattere peculiare, ciascuno lo aggiusta, lo modifica, lo dipinge a modo suo» [Cfr: "la Chiesa è grande perché ognuno ci sta dentro a modo proprio" di Leonardo Sciascia nel Giorno della civetta]
«Il cervello dell'uomo è, soprattutto nell'infanzia, una cera molle, soggetta a ricevere tutte le impronte che vi si vogliono effettuare. L'educazione fornisce al bambino quasi tutte le sue credenze in un periodo in cui egli è incapace di giudicare da sé. Noi crediamo di aver ricevuto dalla natura o di aver portato con noi fin dalla nascita le idee vere o false che. in tenera età, sono state introdotte nella nostra testa. E questa convinzione è una delle più gravi cause dei nostri errori»     
«L'universo è una causa, non è per niente un effetto. Non è per niente un'opera»
«Il mondo è causa di se stesso»
«La materia agisce da sé, e cessate di affannarvi a ragionare sul vostro motore spirituale che non ha niente di ciò che occorre per metterla in azione. Rientrate dalle vostre inutili evasioni; ritornate da un mondo immaginario al mondo reale; attenetevi alle "cause seconde"; lasciate ai teologi la loro "causa prima"di cui la natura non ha bisogno per produrre tutti gli effetti che vedete»
«L'uomo è intelligenza... Nulla sia più raro che vedere l'uomo far uso di questa intelligenza» [vedi l'incipit del blog]
«Vedo che questa macchina ammirevole [l'uomo] è soggetta a guastarsi»
«Ciò che è ordine per un essere è disordine per un altro»
«O teologi, voi non v'intendete mai quando parlate di Dio!»
«L'ammirazione è sempre figlia dell'ignoranza. Gli uomini ammirano e adorano soltanto ciò che non capiscono»
«Adorando Dio, l'uomo adora se stesso»
«Ogni religione è basata sulla felicità che gli uomini si ritengono autorizzati ad attendere dalla divinità»
«Non c'è dunque alcuna vera differenza tra la religione naturale e la superstizione più cupa e servile: Se il teista non vede Dio che dal lato buono, il superstizioso lo vede dal lato più ripugnante. La follia dell'uno è lieta, la follia dell'altro è lugubre, ma tutti e due sono ugualmente deliranti»
«Il Diavolo è utile ai ministri della religione almeno quanto Dio»
«Se gli uomini smettessero di essere tentati e di peccare, il ministero dei preti diverrebbe per essi inutile»
«Il Diavolo, inventato per stornare dalla Divinità il sospetto di cattiveria, ci mostra ogni momento l'impotenza o l'incapacità del suo avversario celeste»
«Se la condotta di Dio è un mistero per me, non è fatta per me»
«Le concezioni irreali e soprannaturali della teologia sono riuscite talmente a sconvolgere nella mente umana le idee più semplici, più chiare, più naturali, che i devoti, incapaci di accusare Dio di malvagità, si abituano a considerare i più duri colpi della sorte come prove indubbie della bontà celeste»
«Così la religione è arrivata a mutare il male in bene»
«Punire la debolezza è il più iniquo degli atti tirannici»
«Le sue idee acquisite [dell'uomo], le sue opinioni, le sue nozioni vere o false sono frutti necessari dell'eduzione che ha ricevuto e che non ha deciso in alcun modo. Le sue passioni e i suoi desideri sono conseguenze necessarie del temperamento che la natura gli ha dato e delle idee che gli sono inculcate. Durante tutto il corso della vita, le sue volizioni e le sue azioni sono determinate dai suoi rapporti con gli altri, dalle sue abitudini, dalle sue occupazioni, dai suoi piaceri, dall'ambiente in cui si trova, dai pensieri che gli si presentano senza che gli lo voglia: in una parola, da una moltitudine di eventi e di accidenti che sono estranei al suo potere»
«Conseguenze necessarie di nostre volizioni e di nostri desideri che non sono mai in nostro potere»
«Gli errori degli uomini sono conseguenze necessarie della loro ignoranza»
«E' impossibile guarire ammalati ostinati che rifiutano le medicine che vengono loro prescritte»
«E' assolutamente impossibile far accettare i migliori argomenti a uomini fortemente interessati al'errore, prevenuti, non disposti a riflettere; ma è più che mai necessario che la verità disinganni le anime oneste che la cercano in buona fede. La verità è una causa: essa produce necessariamente il suo effetto, a meno che il suo impulso non venga intercetto da altre causa che lo bloccano»
«"Gli occhi della fede" devono essere occhi strani se servono a scorgere dei vantaggi nelle disgrazie più terribili e nei mali più duraturi, nei vizi e nelle follie da cui la nostra specie si vede così crudelmente afflitta» [Cfr. il discorso sulle beatitudini di Gesù]
«L'uomo non differisce dagli altri animali che per la sua diversa organizzazione»
«E' con l'esercizio, l'assuefazione, l'educazione che l'ingegno umano si sviluppa e arriva fino ad innalzarsi al di sopra degli esseri che lo circondano: l'uomo senza cultura e senza esperienza è un essere sprovvisto di ragione e di abilità, non meno della bestia»
«Si son viste scoppiare guerre di religione tra le bestie? La crudeltà delle bestie contro quelle appartenenti al altre specie ha per motivo la fame, il bisogno di nutrimento; la crudeltà dell'uomo contro l'uomo ha per unico motivo la vanità dei suoi capi e la follia dei suoi pregiudizi»
«La vanità dell'uomo lo persuade che è il centro dell'universo. Egli si crea un mondo e un Dio per suo esclusivo vantaggio; si crede tanto importante da poter alterare a suo piacimento il corso della natura; ma ragiona da ateo appena si tratta degli altri animali»
«Se coloro che hanno il compito di educare e di governare gli uomini avessero, essi per primi, lumi e virtù, li governerebbero molto meglio basandosi sulla realtà che su vane chimere. Ma furbi, ambiziosi e corrotti come sono, i legislatori hanno sempre trovato più comodo addormentare i popoli con delle fole che insegnar loro delle verità, sviluppare la loro ragione, incitarli alla virtù con motivi sensibili e reali, governarli in modo razionale»
«La grande arte dei teologi è di insufflare il caldo e il freddo, di affliggere e di consolare, di intimorire e di rassicurare»
«Il timore di cessare di esistere è un male reale soltanto per l'immaginazione che, senza fondamento, partorì il dogma di un'altra vita»
«L'immaginazione, una volta dominata da chimere che la stupiscono o la turbano, è incapace di ragionare»
«Le teologia potrebbe a giusta ragione essere definita "la scienza delle contraddizioni"»
«La ragione non può nulla contro l'abitudine»
«Un mistero è sempre una contraddizione, un'assurdità palpabile, un'impossibilità constatata»
«Un mistero è tutto ciò che le nostre guide spirituali non sono capaci di spiegarci»
«Per i ministri della religione è utile che i popoli non capiscono nulla di ciò che vien loro insegnato. Ciò che non si comprende non si può sottoporre a esame; tutte le volte che è buio pesto, si è costretti a lasciarsi guidare»
«Se la religione fosse chiara, i preti non avrebbero tanto daffare quaggiù»
«Niente religione senza misteri. Il mistero è un ingrediente essenziale della religione; una religione priva di misteri sarebbe una contraddizione in termini. Il Dio che serve di fondamento alla religione naturale, al teismo o deismo, è anch'esso il più gran mistero per chi voglia indagarlo»
«E' caratteristico dell'ignoranza il preferire l'ignoto, l'arcano, il favoloso il miracoloso, l'incredibile, perfino il terribile, a ciò che è chiaro, semplice e vero. Il vero non scuote l'immaginazione come il falso, che, d'altronde, ciascuno è libero di foggiarlo a suo modo» [Cfr: "la Chiesa è grande perché ognuno ci sta dentro a modo proprio"]
«L'amore del semplice e del vero non si trova che nel ristretto numero di coloro la cui immaginazione è tenuta a freno dallo studio e dalla riflessione»
«In fatto di religione gli uomini si guardano a vicenda con odio e disprezzo»
«La devozione è una malattia dell'immaginazione, contratta fin dall'infanzia»
«Il devoto è un ipocondriaco che, a forza di medicine, non fa che aggravare il suo male. Il saggio non prende alcuna di queste medicine, segue un buon regime di vita e, quanto al resto, lascia agire la natura»
«Non si vuol vedere che un Dio pieno di contraddizioni, di capricciosità, di qualità che si escludono a vicenda, scaldando e fecondando l'immaginazione degli uomini non ha mai potuto far sbocciare che una lunga serie di chimere»
«I popoli moderni, istigati dai loro preti, hanno addirittura superato, forse, l'atroce follia dei popoli più barbari: almeno non sappiamo che sia mai venuto in mente ai selvaggi di torturare per delle opinioni, di scrutare i pensieri, d'inquietare gli uomini per i movimenti invisibili del loro cervello»
«Quando vediamo popoli civili e colti - inglesi, francesi, tedeschi ecc. - nonostante tutti i loro lumi, continuare a inginocchiarsi dinanzi al Dio barbarico degli ebrei, cioè del popolo più stupido, più credulo più selvaggio, più insocievole che vi sia mai stato sulla terra; quando vediamo questi popoli illuminati dividersi in sette, sbranarsi a vicenda, odiarsi e disprezzarsi per le idee, tutte egualmente ridicole, che essi hanno sulla condotta e le intenzioni di questo Dio assurdo; quando vediamo persone intelligenti perdere scioccamente il tempo a meditare sulle volontà di questo Dio pieno di capricci e di follie, siamo tentati di gridare: "O uomini! Voi siete ancora selvaggi! O uomini! Non siete che dei bambini, quando si tratta di religione»
«L'indifferenza in materia non può essere confusa con lo scetticismo»
«Ogni rivelazione particolare non è il contrassegno evidente di un Dio ingiusto, parziale, malvagio?»
«Essere empio significa avere opinioni ingiuriose verso il proprio Dio; essere superstizioso significa averne idee errate. Accusandosi volta a volta di superstizione, i diversi religionisti somigliano a dei gobbi che si rinfacciano l'un l'altro la loro deformità»
«I miracolo, lungi dal fare sommo onore a Dio, lungi dal provare la divinità di una religione, distruggono evidentemente l'idea di Dio che ci viene insegnata, l'idea della sua immutabilità, dei suoi attributi non comunicabili ad alcuno, e perfino della sua onnipotenza»
«E' credibile che un Dio abbia bisogno dell'aiuto degli uomini?»
«Il fanatismo religioso è spesso più forte dell'amore per la vita»
«Morire per un opinione non dimostra la verità o la bontà di quell'opinione»
«Morire non dimostra il buon diritto del sovrano al cui interesse tanta gente ha la follia d'immolarsi. Il coraggio di un martire inebriato dall'idea del paradiso non ha niente di più sovrannaturale del coraggio di un uomo d'armi inebriato dall'idea della gloria o tenuto a bada dalla paura del disonore»
«Io non immolerò la mia ragione»
«Io non rinuncerò all'esperienza perché essa è una guida ben più sicura dell'immaginazione, o dell'autorità di certe guide che si pretenderebbe darmi»
«Ognuno [la religione] la accetta a caso e vi si crede sulla parole, senza prendersi la briga di sottoporre ad esame alcunché»
«In fatto di di religione, un curato, un prete, un monaco diventano le guide del pensiero altrui. Le fede supplisce alla debolezza dell'intelletto umano, per il quale la riflessione è, di solito, un lavoro assai penoso; è molto più comodo rimettersi al parere di altri, anziché indagare personalmente» [vedi l'incipit del blog]
«Le religione è una questione d'usanza e di moda»
«La vera religione non è mai nient'altro che la religione del principe»
«La vera religione è sempre quella che ha dalla sua parte il principe e il boia»
«I ministri della religione si sono studiati di rendere la morte spaventosa agli occhi dei loro seguaci»
«Il desiderio di piacere agli altri, la corrente della consuetudine, il timore del ridicolo e di "ciò che se ne dirà", hanno ben più forza di tutte le opinioni religiose»
«Lungi dal servire di freno alle passioni dei re, la religione, per i suoi stessi principi, la lancia a briglia sciolta. Li trasforma in esseri divini, ai cui arbìtri i popoli non hanno mai il diritto di resistere»
«Popoli creduli! Nei vostri guai, raddoppiate le preghiere, le offerte, i sacrifici affollate i vostri templi, sgozzate innumerevoli vittime, digiunate vestiti di saio e giacendo sulla cenere, abbeveratevi delle vostre lacrime, cercate soprattutto di ridurvi in miseria per arricchire i vostri dèi: non otterrete altro che di arricchire i loro preti; gli dèi del cielo vi saranno propizi solo quando gli dèi della terra riconosceranno di essere uomini come voi e daranno al vostro benessere la cure che gli sono dovute»
«Questi preti sono essi stessi molto malati; tuttavia gli uomini continuano a frequentare le loro botteghe e ad aver fiducia nei loro antidoti divini i quali, per loro stessa ammissione, non guariscono nessuno»
«La religione, soprattutto in epoca moderna, impadronendosi della morale, ne ha totalmente oscurato i principi»
«Punire un uomo per i suoi errori non equivale a punirlo per essere stato educato diversamente da voi?»
«Bisognerà imitare il Dio degli ebrei? troveremo in Jahvè un modello della nostra condotta? E' un Dio davvero selvaggio, davvero fatto apposta per un popolo stupido, crudele, e scostumato: è un Dio sempre furente, sempre spirante vendetta che disconosce la pietà, ordina la strage, il furto, l'asocialità»
«Ammirare una morale e metterla in pratica sono due cose molto diverse»
«La religione, per la sua stessa essenza, è la nemica della gioia e del benessere degli uomini. "Beati i poveri! Beati quelli che piangono! Beati quelli che soffrono!". Maledetti coloro che si trovano nell'agiatezza e nella gloria! Tali sono le singolari scoperte annunziate dal cristianesimo!»
«Nella farmacia religiosa vi sono ricette infallibili per calmare le coscienze; i preti, in ogni luogo, possiedono dei segreti di effetto sicuro per disarmare la collera del Cielo»
«Gli uomini considerano la divinità dal lato più conforme ai loro attuali interessi»
«Gli uomini hanno bisogno di un Dio che si irriti e si plachi»
«[Dio] E' un essere che nessuno concepisce e che, di conseguenza, ciascuno s'immagina in un modo diverso» [Cfr. "la Chiesa è grande perché ognuno ci sta dentro a modo proprio"]
«Basare la morale su un Dio che ciascuno si raffigura diversamente, ciascuno immagina a modo suo, ciascuno aggiusta secondo il proprio temperamento e il proprio interesse significa, evidentemente, basare la morale sul capriccio e sull'immaginazione degli uomini; significa basarla sulle fantasticherie di una sètta, di una fazione, di un partito, che crederanno di avere il privilegio di adorare il vero Dio, ad esclusione di tutti gli altri»
«Ma non sarebbe più umano e più caritatevole prevenire la miseria e impedire ai poveri di pullulare?»
«Una morale legata alla religione le è necessariamente subordinata»
«"Prima della Legge, nessun peccato" [San Paolo, Lettera ai Romani 7,7]. Non c'è nulla di più falso di questa massima. Basta che l'uomo sia quel che è, vale a dire un essere sensibile, perché sappia distinguere ciò che gli fa piacere da ciò che gli dispiace. Basta che un uomo sappia che un'altro uomo è un essere sensibile come lui, perché non possa ignorare ciò che gli è utile o nocivo. Basta che l'uomo abbia bisogno di un suo simile, perché sappia che deve evitare di suscitare in lui dei sentimenti sfavorevoli. Così l'essere senziente e pensante non ha bisogno che di sentire e di pensare per capire che cosa deve fare sia per se stesso, sia per gli altri. Io sento, e una altro sente come me: ecco il fondamento di ogni morale»
«Il timore dei poteri invisibili è di rado così forte come quello dei poteri visibili»
«Le carezze di una donna hanno sempre la meglio sulle minacce dell'Altissimo»  
«La coscienza è la testimonianza interiore»
«La morale, cioè la scienza dei doveri, non si acquista che mediante lo studio dell'uomo e dei suoi rapporti»
«Il devoto non ragiona mai e si guarda bene dal ragionare»
«L'incredulo ragiona, consulta l'esperienza e la preferisce al pregiudizio»
«Non giudichiamo gli uomini dalle opinioni, né le opinioni dagli uomini: giudichiamo gli uomini dal loro comportamento, le opinioni dalla loro conformità con l'esperienza, con la ragione, con l'utilità per il genere umano»
«Qualsiasi uomo raziocinante diviene ben presto incredulo, perché il ragionamento gli dimostra che la teologia non è che un tessuto di chimere, che la religione è contraria a tutti i principi del buon senso, che essa diffonde un'aura di falsità in tutti i rapporti umani. L'uomo sensibile diventa incredulo perché vede la religione, lungi dal rendere gli uomini più felici, è la prima sorgente dei maggiori scompigli e delle calamità permanenti della quali la specie umana è afflitta»
«E' sempre il carattere del'uomo che stabilisce il carattere del suo Dio» [Cfr: "la Chiesa è grande perché ognuno ci sta dentro a modo proprio"]
«Le eresie, le dispute, gli scismi sono inevitabili. Poiché gli uomini sono costituiti, organizzati, soggetti a mutamenti secondo processi che non possono essere esattamente uguali, come mai potrebbero andar d'accordo quanto ad una chimera che non esiste se non ne loro cervello?»
«Come non avere dubbi sull'esistenza di Dio la cui idea varia in modo così enorme nelle menti dei suoi ministri?»
«L'orgoglio e la vanità furono e saranno sempre dei vizi inerenti al sacerdozio»
«Un Dio che infligge pene eterne è evidentemente il più odioso degli essere che la mente possa inventare»
«Prima o poi, l'errore è costretto a cedere dinanzi alla verità»
«Noi rispetteremo i preti quando diventeranno cittadini»
«Quanto tempo, quanta fatica buttata via per imparare e insegnare cose che non hanno nessuna reale utilità!»
«Invece di far perdere loro tempo in sterili contemplazioni, in preghiere ripetute macchinalmente, in pratiche inutilmente minuziose, invece di opprimerli con digiuni e rinunce perché non si suscita tra loro una salutare emulazione che li induca a cercare i modi di essere utili al mondo, per il quale che voti funesti li obbligano ad essere come morti?»
«Quando il corpo è sconvolto, la facoltà di ragionare si sconvolge anch'essa»
«La religione, per il popolo, non è che una vana ostentazione di cerimonie, alla quale esso è attaccato per consuetudine, che diletta il suo sguardo, che commuove per un momento il suo spirito intorbidito, senza influire sulla sua condotta e senza correggere i suoi costumi»
«Ogni sistema che esige discussione non è fatto per la moltitudine»
«Il volgo, in ogni paese, ha una religione di cui non capisce niente, che non sottopone ad esame e che segue per routine»
«Si scrive solo per chi legge e ragiona; il popolo non legge quasi affatto e ragiona ancora meno. Le persone sensate e pacate s'illuminano, i lumi si diffondono a poco a poco, e, a lungo andare, giungono ad aprire gli occhi anche al popolo»
«Occorrono dunque grandi sforzi di genialità per capire che ciò che al di sopra dell'uomo non è fatto per l'uomo; che il soprannaturale non è fatto per esseri naturali [il titolo della prima edizione del 1772 riporta "Il Buon Senso, ossia idee naturali opposte alle soprannaturali"], che misteri impenetrabili non sono adatti a menti limitate?»  
«Essi [credenti privi di cultura] aderiscono a parole alle credenze ignote dei loro direttori di coscienza; ascoltano assiduamente le prediche; assistono regolarmente alle cerimonie; crederebbero di commettere una grave colpa se trasgredissero a qualcuna delle prescrizioni alle quali, fin dall'infanzia hanno ricevuto l'ordine di conformarsi»
«La religione trattò sempre gli uomini come bambini»
«I primi legislatori dei popoli furono preti; i primi mitologi e poeti furono dei preti; i primi scienziati furono dei preti, i primi medici furono dei preti. Tra le loro mani, la scienza divenne una cosa sacra, interdetta ai profani; essi non parlarono che mediante allegorie, simboli, enigmi, oracoli ambigui: mezzi assai adatti a suscitare la curiosità, a far lavorare l'immaginazione»
«La superstizione assorbe quasi sempre le attenzioni, l'ammirazione e le finanze dei popoli»
«Un mondo ancora troppo inebriato da favole per essere in grado di ascoltare la ragione»
«Grazie alle religione, non è stato mai consentito di pensare ad alta voce o di combattere i pregiudizi di cui l'uomo è dappertutto la vittima e l'ingannato»
  

domenica, agosto 03, 2014

Legare le mani a Israele? No

Il governo israeliano ha deciso in modo ufficioso il ritiro unilaterale dalla Striscia di Gaza della gran parte delle forze militari che hanno causato un'insensata violenza con morti civili e distruzione. Niente tentativi di raggiungere una tregua temporanea, forse anche per non legittimare la parte avversa o forse più semplicemente perché, a sua discrezione, Israele inizia, interrompe o finisce un'operazione di guerra senza alcuna influenza da parte della Comunità internazionale.
Il perché di questo atteggiamento unilaterale? Nella parole di Moshe Dayan del 1955, allora capo di Stato Maggiore, la chiara spiegazione valida ancor oggi:
«Non abbiamo bisogno di un patto di sicurezza con gli Stati Uniti: un tale patto costituirà solo un ostacolo per noi. Non dovremo contrastare affatto alcun pericolo per i prossimi 8-10 anni derivante da un vantaggio della forza araba. Anche se riceveranno massicci aiuti dall'Occidente, dovremo mantenere la nostra superiorità militare grazie alla nostra infinitamente maggiore capacità di assimilare nuovi armamenti. Il patto di sicurezza ci legherebbe solo le mani negandoci la libertà d'azione di cui abbiamo bisogno nei prossimi anni. Le azioni di rappresaglia, che non potremmo eseguire se fossimo legati ad un patto di sicurezza, sono la nostra linfa vitale... rendono possibile per noi mantenere un alto livello di tensione tra la nostra popolazione e nell'esercito. Senza queste azioni avremmo smesso di essere un popolo combattivo e senza la disciplina di un popolo combattivo siamo perduti. Noi dobbiamo gridare che il Negev è in pericolo, in modo che i giovani ci vadano»
(Vivere con la spada: il terrorismo sacro di Israele, Rokach Livia)  
Di questa lucida descrizione Sharett a sua volta deduce quanto segue:
«Le conclusioni tratte dalle parole di Dayan sono chiare: questo Stato non ha obblighi internazionali, è senza problemi economici, la questione della pace è inesistente... Deve calcolare grettamente i suoi passi meschinamente e vivere affidandosi alla sua spada. Si deve vedere la spada come il principale, se non l'unico, strumento con il quale mantenere alto il suo coraggio e tenere la sua tensione morale. Verso questo fine si possono, no - si devono - inventare i pericoli, e per fare questo si deve adottare il metodo della provocazione - e - vendetta ... E soprattutto, speriamo in una nuova guerra con i paesi arabi, affinché possiamo finalmente liberarci dei nostri problemi e acquisire il nostro spazio»
(Vivere con la spada: il terrorismo sacro di Israele, Rokach Livia)  

martedì, luglio 29, 2014

L'equilibrio che non c'é

La ministra degli esteri Mogherini ha esortato giustamente l'opinione pubblica italiana di non cadere nella "partigianeria" a favore di una delle parti coinvolte nel conflitto, ma proprio raccomandando questo vi è il rischio di cadere nell'altra faccia delle medaglia: equiparare e cercare un equilibrio che generalizzi tutto conducendo a una pericolosa decontestualizzazione. Di estrema importanza è rimanere aderenti ai fatti: il buon senso e l'onesta intellettuale non lasciano dubbi e persino uno spettatore che ignori le ragioni storiche e giuridiche non possa vedere l'enorme sproporzione di morti civili, soprattutto bambini, e distruzioni tanto da non poter essere definito "conflitto" l'attuale crisi mediorientale. Finché la politica internazionale non avrà né la volontà né la capacità di vedere una pesante e diversa responsabilità di Israele nei confronti dei palestinesi e agire di conseguenza rimarremo sempre spettatori inermi di queste tragedie.
Riscrivo le parole dello storico israeliano Zeev Sternhell:
"Not intervening for a weak child who needs help against a strong child is intervening for the strong child"

(Haaretz "Prof. Sternhell: Supporters of occupation are not Zionist", 29-09-2008)     

martedì, luglio 22, 2014

Operazioni mirate... sui civili

Un altro bagno di sangue, a cadenza sempre più ravvicinata, l'ennesimo: civili  ma sopratutto bambini, ambulanze, ospedali, scuole e ogni cosa diventa obiettivo militare per l'esercito israeliano in spregio dei basilari principi di diritto umanitario, giustificato dal mito della sicurezza di Israele (solo). I primi giorni e le prime vittime sono passati nell'oblio consapevole e generale dei paesi occidentali ma poi l'avallo ufficiale è uscito per bocca del presidente americano e persino dal segretario delle Nazioni Unite: "Israele ha il diritto difendersi", decontestualizzando l'infinita crisi mediorientale che si protrae da così tanto tempo. Nelle prossime settimane, nei prossimi mesi e anni  questi morti verranno dimenticati e ancor di più i feriti.
La memoria dell'uomo è corta.  
Nel suo diario Sharett scriveva negli anni 1955 e 1961 queste parole attualissime:
«Negli anni Trenta abbiamo trattenuto le emozioni di vendetta e abbiamo educato il pubblico a considerare la vendetta come un impulso assolutamente negativo. Ora, al contrario, noi giustifichiamo il sistema di rappresaglia al di fuori di considerazioni pragmatiche... abbiamo eliminato i freni mentali e morali su questo istinto e reso possibile... per sostenere la vendetta come valore morale». «Il fenomeno che ha prevalso tra noi per anni e anni è quella di insensibilità agli atti sbagliati... alla corruzione morale... Per noi, un atto sbagliato in sé non è nulla di grave, ci svegliamo solo se implica la minaccia di una crisi o di una conseguenza grave, la perdita di una posizione, le perdita di potere o influenza. Non abbiamo un approccio morale per problemi morali, ma un approccio pragmatico per problemi morali... il sangue arabo può essere liberamente versato»
(Vivere con la spada: il terrorismo sacro di Israele, Rokach Livia)                           

domenica, giugno 22, 2014

Tortura e pedofilia

Bisognerebbe ricordare al Papa, che svolge tanto bene la funzione sociologica del cristianesimo, come il Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite monitori attentamente i fatti di abusi sessuale di minori perpetrati da persone sotto il suo controllo e non uscire con frasi generiche e retoriche proprio sulla tortura.
Si rilegga le raccomandazioni del 23 maggio (CAT/C/VAT/CO/1) e non pensi che i responsabili andranno all'inferno («Torturare le persone è un peccato mortale, è un peccato molto grave») ma alla condizione delle vittime.
Nel capolavoro di Sciascia "Il giorno della civetta" c'è una frase significativa:
«BELLE PAROLE: LA CHIESA E' TUTTA UNA BELLEZZA»


domenica, gennaio 19, 2014

Mascherare la verità

E' di pochi giorni fa la notizia, alquanto bizzarra, che il Re del Marocco Mohamed VI ha invitato il suo popolo e persino la nutrita comunità ebraica di pregare Dio affinché scongiurasse la prospettiva di una carestia durante questo anno. Dando credito al subdolo comportamento delle autorità marocchine perché non voglio credere alla loro buona fede, l'appello si configura come un vero e proprio caso scuola in cui siamo in presenza di una strumentalizzazione delle credenze finalizzata a mascherare la verità.                      
E siamo nel 2014... ma possiamo ben vedere come le religioni influiscano pesantemente sugli stili di vita delle persone.
«Il mondo è pieno di opinioni ridicole e vane: per sostenerle, infatti, non c'è niente di meglio che l'ignoranza. E' l'ignoranza l'unica fonte delle false idee che si hanno della divinità, dell'anima, degli spiriti e di tutti gli errori che ne derivano. Ed è una consuetudine ormai prevalsa quella di accontentarsi dei pregiudizi avuti fin dalla nascita, di affidarsi per ogni cosa a persone pagate per sostenere le opinioni tradizionali accettate, e quindi interessate a persuadere il popolo, che siano vere o false. ...si insegna al popolo a crederle [le idee su Dio] senza discuterle, infondendo anzi avversione per i veri uomini di dottrina che potrebbero fargli conoscere gli errori in cui è immerso.        I sostenitori di queste assurdità hanno avuto così successo che sarebbe pericoloso combatterli. Per questi impostori è troppo importante che il popolo sia ignorante per sopportare che lo si disinganni. Così si è costretti a mascherare la verità. ...Anche i grandi e i potenti, benché sappiano di che si tratta, non vogliono né turbarla né ostacolarla [la superstizione], ben sapendo che è uno strumento molto adatto per guidare un popolo»    (Trattato dei tre impostori: Mosè, Gesù, Maometto
E' la pigrizia mentale che ci fa accontentare e accettare le credenze di una religione fin dalla tenera età, immersi in un contesto culturale in cui la consuetudine e tradizione portati avanti da così tanto tempo finiscono per diventare istinto che solo un robusto senso critico abbinato alla ricerca possono evitare:
«La nazione, il paese, il luogo dà la religione; si è di quella religione che si pratica nel luogo dove si è nati e cresciuti: siamo circoncisi, battezzati, Ebrei, Maomettani, Cristiani prima ancora di sapere che siamo uomini; la religione non è di nostra scelta ed elezione»             (Trattato dei tre impostori: Mosè, Gesù, Maometto) 

E' ancora pienamente attuale la riflessione di Feuerbach che fece nel 1846:
«Come si spiega che l'Oriente non abbia una storia così viva e così animata dal progresso come l'Occidente? Perché in Oriente l'uomo non dimentica per l'uomo la natura, non dimentica per lo splendore dell'occhio umano lo splendore delle stelle e delle pietre preziose, né per il retorico «tuoni e fulmini!» il fulmine e il tuono della meteorologia, né, per il corso delle vicende quotidiane, il corso del sole e delle stelle, e nemmeno per l'alternarsi della moda l'alternarsi delle stagioni. E' ben vero che anche l'orientale si getta nella polvere di fronte allo splendore della potenza e della dignità sovrana, politica, ma anche questo splendore non è altro che il riflesso del sole e della luna; egli vede il re non come un ente terreno e umano, ma come un ente celeste, divino.                     Ma accanto a un Dio l'uomo scompare; soltanto quando la terra si spoglia dei suoi caratteri divini gli dèi salgono al cielo, e diventano da enti reali, enti soltanto rappresentati; soltanto allora gli uomini hanno a loro disposizione uno spazio sufficiente, soltanto allora essi possono deporre ogni timidezza e mostrarsi e farsi valere come uomini. Nei confronti dell'occidentale l'orientale si trova nella situazione della campagna rispetto a quella della città. Il primo è dipendente dalla natura, il secondo dall'uomo, il primo si orienta sulla base delle indicazioni del barometro, il secondo sull'andamento della borsa, il primo sulla base dei segni dello zodiaco, che restano sempre eguali e se stessi, il secondo sulla base dei segni sempre mutevoli dell'onore, della moda e dell'opinione. Soltanto gli abitanti della città, quindi, fanno storia; soltanto la «vanità» umana è il principio della storia. Si trova in condizione di compiere azioni storiche soltanto colui che è in grado di sacrificare la forza della natura alla forza dell'opinione, la sua vita al suo nome, la sua esistenza corporea alla sua esistenza interpretata e raccontata dai posteri»             (Essenza della religione

             

domenica, dicembre 08, 2013

Istruzione, vero motore di libertà della persona

«E' quello che facciamo di ciò che abbiamo, non ciò che ci viene dato, che distingue una persona da un'altra» 
          (Nelson MandelaLungo cammino verso la libertà)

Ho scoperto Maria Montessori: «se si è imparato ad imparare allora si è fatti per imparare»

Per caso ho trovato questo personaggio italiano troppo poco valutato internamente ma giustamente apprezzato dagli altri paesi: Maria Montessori.
«La caratteristica peculiare dell'Università consiste nell'insegnare a studiare. La laurea è solo la prova che si sa studiare, che si sa acquisire formazione da se stessi e che ci si è trovati bene nei percorsi della ricerca scientifica... Se si è imparato ad imparare allora si è fatti per imparare. Una persona con una laurea è dunque una persona che sa meglio destreggiarsi nell'oceano della formazione. Ha ricevuto un orientamento»
(La scoperta del bambino)   
Nella mia fortunata infanzia ho avuto la possibilità di essere guidato alle elementari da un bravo maestro che, consapevolmente o meno, ha utilizzato il "Metodo Montessori", vale a dire è riuscito a costruire una cornice fondante entro la quale ciascun bambino poteva iniziare a esprimere già in così tenera età la propria personalità diventando un SOGGETTO. Non nozioni e disciplina ma una libertà che assecondi la curiosità in modo da condurre per altre strade alla disciplina, tanto agognata da educatori e genitori, perché come ha scritto la Montessori «l'adulto si è fatto egocentrico rispetto al bambino: non egoista ma egocentrico. Per cui considera tutto quanto riguarda il bambino psichico, dai riferimenti verso se stesso, riuscendo così ad una incomprensione sempre più profonda. E' questo punto di vista che gli fa considerare il bambino come un essere vuoto, che l'adulto deve riempire col suo proprio sforzo, come un essere inerte e incapace pel quale egli deve fare tutto; come un essere senza guida interiore, per cui l'adulto deve a punto a punto guidarlo dall'esterno. Infine l'adulto è come il creatore del bambino, e considera il bene e il male delle azioni del bambino, dal punto di vista dei rapporti con lui. Egli e infallibile, egli è il bene su cui il bambino deve modellarsi, tutto quanto nel bambino si allontana dai caratteri dell'adulto è una male che l'adulto si affretta a correggere. In questa attitudine che, inconsciamente cancella la personalità del bambino, l'adulto agisce convinto di essere pieno di zelo, da amore e di sacrificio». (La scoperta del bambino)

P.S. Della stessa linea di pensiero e che completa la riflessione della Montessari un estratto di Thomas Paine:
«Il sapere che una persona acquisisce con l'istruzione scolastica serve solo, come un piccolo capitale, ad avviarla a imparare, in seguito, da sola. Ogni persona colta alla fin fine è maestra di se stessa, perché i principi non hanno la stessa natura dei fatti concreti; il loro luogo di residenza mentale è l'intelletto e non sono mai tanto durevoli come quando originano dalla mente stessa» (L'Età della Ragione)  

domenica, ottobre 20, 2013

Un paese credulone, troppo.

In Italia si lascia troppo spazio e si alimenta nel contempo l'affidarsi a persone che danno risposte superstiziose a problemi e curiosità della vita. In un paese dove ancora, purtroppo, si è in presenza di un personaggio che ha a disposizione uno spazio televisivo in una rete pubblica (RAI 2) per imbonire una vasta platea di persone con l'oroscopo, dove (ancora) si ha necessità di rifugiarsi a maghi e maghette, dove scrittori cavalcano l'ingenuità delle gente prosperando su segreti e misteri della Bibbia, il futuro non appare roseo. 
Il filoso Baruch Spinoza a ragione bollava la religione come fonte di «superstizione istituzionalizzata» e per le sue idee venne bandito dalla comunità ebraica (herem) di Amsterdam  e dalla cristianità cattolica e riformata del tempo. Nella sua opera alquanto controversa per i contemporanei e non, TRATTATO TEOLOGICO-POLITICO (1670), scrisse:

«La religione non risiede tanto nel seguire fedelmente gl'insegnamenti  dello Spirito Santo, quanto nel difendere ciò che gli uomini hanno escogitato; anzi, al punto che la religione non consiste nella carità, ma nel seminare discordie e nel propagandare un odio del tutto insensato, che viene camuffato sotto il falso nome di zelo divino o di ardente devozione. A questi mali si è aggiunta la superstizione, che insegna agli uomini a disprezzare la ragione e la natura a ad ammirare e venerare ciò che ad esse è contrario. Per cui non c'è da meravigliarsi che gli uomini, per ammirare e venerare di più la Scrittura, si ingegnino a spiegarla in modo che appaia il più possibile in contrasto con esse, cioè la ragione e la natura; perciò essi sognano che nella Scrittura siano nascosti profondissimi misteri e trascurate tutte le altre cose utili, consumano le loro forze nell'indagare tali misteri, cioè delle assurdità, e tutto quanto immaginano nel loro delirio lo attribuiscono allo Spirito Santo e si sforzano di sostenerlo con la massima forza e con impeto passionale. Gli uomini, infatti, sono fatti in modo che tutto quanto concepiscono con l'intelletto puro, lo sostengono con il solo intelletto e la ragione, mentre tutto quanto suppongono sotto l'influenza delle passioni dell'animo, lo sostengono in modo altrettanto passionale» (Cap. 7)                                                                                                        «Non mi stupirò dunque mai abbastanza degli ingegni di coloro i quali vedono nella Scrittura misteri così profondi da non poter essere spiegati da nessuna lingua umana, e che, quindi, hanno introdotto nella religione tante cose di speculazione filosofica da far apparire la Chiesa un'Accademia e la religione una scienza, o piuttosto una disputa» (Cap. 13)   

E' troppo difficile seguire il comandamento generico intriso nella Bibbia «ama il tuo prossimo» e non pensare a Dio in termini antropomorfi, senza quindi ricompensa/punizione?

            

domenica, aprile 21, 2013

Il nuovo che avanza: Napolitano Gì

Non è sempre vero che nuovo sia sinonimo di meglio o migliore perché a volte può significare inesperienza ma in ogni caso genera sempre curiosità. Quello che è accaduto alle recenti presidenziali italiane appare grottesco: un nome rispettabile e stimabile come Stefano Rodotà non è stato eletto e degli irresponsabili leader politici si sono lavati le mani e hanno appoggiato l'attuale presidente dimissionario con la foglia di fico delle "larghe intese" (nel 2006 Napolitano venne eletto con 543 preferenze).
Non so se sia stato più deleterio lo sbaglio di chi lo ha persuaso a tornare su suoi passi o la sua scelta di accettare. Certo è, la durata costituzionale di sette anni per un presidente della Repubblica è eccessiva, esagerata nel caso di Napolitano che a giugno compirà la bellezza di 88 anni.
Un'occasione mancata a causa di giochetti infantili e dell'ottusità dei nostri politici di professione. 

giovedì, settembre 27, 2012

E l'uomo creò Dio.

Proprio così, se prendessimo le parole della Bibbia capovolgendole avremmo questa frase che in tutta la storia di fatto è stata la forza più propulsiva di ogni altra. Una "necessità" ineludibile che poteva rispondere, benché parzialmente, all'arbitrarietà di una vita contingente. La religione, o per meglio dire, i sistemi religiosi hanno la funzione di stabilità la dove questa non può esservi, prospettare risposte la dove non può esserci alcune risposta logica e lenire le sofferenze di un'esistenza.
Sono del parere che:
"Se il modo in cui ogni uomo muore sembra di solito in balia dell'arbitrio, la sua mortalità è ineludibile. Le umane vite sono piene di simili combinazioni di necessità e di caso. Siamo tutti consci della contingenza e ineluttabilità del nostro particolare patrimonio genetico, del nostro sesso, del periodo in cui siamo nati, delle nostre capacità fisiche, della nostra madre-lingua, e così via. Il grande merito delle tradizionali visioni religiose del mondo (che naturalmente va distinto dal ruolo che hanno avuto nel legittimare precisi sistemi di dominio e sfruttamento) è stata la loro attenzione all'uomo nel cosmo, all'uomo come essere, alla contingenza della vita.    Il modo in cui, per migliaia di anni, buddismo, cristianesimo o Islam sono riusciti a sopravvivere in dozzine di diverse formazioni sociali testimonia la forza della loro risposta allo schiacciante fardello dell'umano soffrire - malattie, mutilazioni, dolore, vecchiaia e morte. Perché sono nato cieco? Perché il mio migliore amico è paralizzato? Perché mia figlia è ritardata? Le religioni cercano di spiegare. La grande debolezza di tutte le correnti di pensiero evoluzioniste-progressiste, incluso il marxismo, è che a tali domande rispondono con impaziente silenzio.  Allo stesso tempo, e in modi diversi, il pensiero religioso risponde anche a oscuri presagi d'immortalità, in genere trasformando la fatalità in continuità (karma, peccato originale...).     Per questa via esso è coinvolto nei nessi tra il morto e l'ancora nato, nel mistero della ri-generazione. Chi può vivere la concezione e nascita del proprio figlio senza l'oscura apprensione di combinata connessione, di casualità e fatalità in un linguaggio di «continuità»?" [Benedict Anderson, Comunità immaginate. Origini e fortuna dei nazionalismi, 1991]

Dello stessa linea è stato Freud:
"...Ecco la terra che trema, si squarcia e seppellisce tutto ciò che esiste di umano e ogni cosa prodotta dall'uomo, l'acqua, che sollevandosi inonda e sommerge tutto; la tempesta, che spazza via ogni cosa. Ecco le malattie... ed ecco, infine, l'enigma doloroso della morte, contro la quale nessun farmaco è stato ancora né probabilmente si troverà mai. ... Per l'individuo singolo la vita è dura da sopportare [e quindi]... esige una consolazione. [L'uomo si sforza e cerca di] ... umanizzare la natura [ma] ... quando personifica le forze della natura, l'uomo si conform[a] a un modello infantile, ... la morte stessa non è alcunché di spontaneo. ... E' impresa senz'altro assurda voler eliminare la religione violentemente e di colpo. Soprattutto perché è impresa disperata. Il credente non si lascerebbe strappare la sua fede né tramite argomentazione né tramite proibizioni. E se anche la cosa riuscisse, sarebbe una crudeltà. Chi per decenni ha preso sonniferi naturalmente non può dormire se ne viene privato. Che l'effetto delle consolazioni religiose possa essere paragonato a quello di un narcotico appare chiaramente da quando sta succedendo in America [il proibizionismo, 1920-1933]. Ivi - manifestamente per influenza del domino femminile - si vogliono oggi privare gli uomini di tutti i generi di consumo eccitanti, inebrianti e voluttuari e, a titolo di risarcimento, li si sazia di timore di Dio. ... Ma l'infantilismo non è forse destinato a essere superato? L'uomo non può rimanere eternamente bambino, prima o poi deve avventurarsi nella «vita ostile». Questa può venir chiamata l'«educazione alla realtà». ... La voce dell'intelletto umano è fioca, ma non ha pace finché non ottiene udienza... [e] a lungo andare nulla può resistere alla ragione e all'esperienza. ... La civiltà ha poco da temere dagli uomini colti e da chi si dedica al lavoro intellettuale. In costoro, per quanto riguarda il comportamento civile, la sostituzione dei motivi religiosi con motivi diversi, laici, può avvenire senza strepitio, questi individui sono inoltre in gran parte portatori di civiltà. Le cose prendono un'altra piega quando si tratta di persone incolte, di uomini oppressi, che hanno tutti i motivi di essere nemici della civiltà. Tutto va bene finché non si accorgono che non si crede più in Dio. Ma prima o poi dovranno pur accorgersene." [Sigmund Freud, L'avvenire di un'illusione, 1927]
Nel XVIII secolo Voltaire avevo scritto che «Se Dio non esistesse bisognerebbe inventarlo»

venerdì, giugno 22, 2012

«Perché non vi ribellaste?». La collababorazione ebraica alla Shoa

Alla maturità di quest'anno la traccia del tema storico prende lo spunto dal libro della scrittrice ebrea Hannah Arendt, "La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme" (Feltrinelli, Milano 1964), e in modo più specifico da un passo tratto dal capitolo settimo "La conferenza di Wannsee, ovvero Ponzio Pilato" dove si è pianificato pubblicamente e a tavolino la "soluzione finale" nei confronti degli ebrei nei territori occupati dalla Germania. Un'ulteriore salto di qualità della gerarchia nazista con l'obiettivo sistematico dell'annientamento, un argomento questo che trova concordi la quasi totalità degli studiosi eccetto qualche negazionista che appunto rifiuta o minimizza le cifre delle vittime ebree che sono uscite dai campi di sterminio della Seconda guerra mondiale. Proprio la Arendt riporta Eichmann: 
«"Qui a questa conferenza, avevano parlato i personaggi più illustri, i papi del Terzo Reich". Ora egli vide con i propri occhi e udì con le prorie orecchie che... i più qualificati esponenti dei buoni vecchi servizi civili si disputavano l'onere di dirigere questa "crudele" operazione. «In quel momento mi sentii una specie di Ponzio Pilato, mi sentii libero da ogni colpa». ...Egli non fu né il primo né l'ultimo ad essere rovinato dalla modestia. ...Eichmann ebbe dunque molte occasioni di sentirsi come Ponzio Pilato, e col passare dei mesi e degli anni non ebbe più bisogno di pensare» (pp. 122, 142 "La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme" ) 

Quello che voglio sottolineare è che proprio nel capitolo settimo la Arendt solleva un punto molto controverso e scottante al tempo stesso: la collaborazione attiva e la responabilità dei capi ebraici allo sterminio del loro popolo (pag. 125 «Per un ebreo, il contributo dato dai capi ebraici alla distruzione del proprio popolo, è uno dei capitoli più foschi di tutta quella fosca vicenda»).
Riporto alcuni passi significativi per riflettere:


«Eichmann o i suoi uomini comunicavano ai Consigli ebraici degli Anziani [Judenrat] quanti ebrei occorrevano per formare un convoglio, e quelli preparavano gli elenchi delle persone da deportare. E gli ebrei si facevano registrare, riempivano innumerevoli moduli, rispondevano a pagine e pagine di questionaru riguardanti i loro beni, in modo da agevolare il sequestro; poi si radunavano nei centri di raccolta e salivano sui treni. I pochi  che tentavano di nascondersi o di scappare venivano ricercati da uno speciale corpo di polizia ebraico. A quanto constava ad Eichmann nessuno protestava, nessuno si rifiutava di collaborare. ... La semplice condiscendenza non sarebbe mai bastata né ad appianare le enormi difficoltà di un'oprezione che presto interessò tutta l'Europa occupata o alleata dei nazisti, né a tranquillizzare la coscienza degli esecutori, i quali in fondo erano stati educati al comandamento "Non ammazzare" e conoscevano il versetto della Bibbia "Tu hai ucciso e tu hai ereditato"» (p. 123)
«Naturalmente egli [Eichmann] non si aspettava che gli ebrei condividessero il generale entusiasmo per la loro distruzione, ma si aspettava qualcosa di più che la condiscendenza: si aspettava - e la ebbe in misura eccezionale - la loro collaborazione.Questa era la pietra angolare  di tutto ciò che faceva. ...Senza l'aiuto degli ebrei nel lavoro amministrativo e poliziesco... o ci sarebbe stato il caos completo oppure i tedeschi avrebbero dovuto distogliere troppi uomini dal fronte. ("E' fuor di dubbo che senza la collaborazione delle vittime ben difficilmente poche migliaia di presone, che per giunta lavoravani quasi tutte a tavolino , avrebbero potuto liquidare molte centinaia di migliaia di altri esseri umani... Lungo tutto il viaggio verso la morte, gli ebrei polacchi di rado vedevano più di un pugno di tedeschi". Così dice R. Pendorf.)» (p. 125)
«I funzionari ebrei erano incaricati di compilare le liste delle persone da deportare e dei loro beni, di sottrarre ai deportati il danaro per pagare le spese della deportazione e dello sterminio di tenere aggioranto l'elenco degli alloggi rimasti vuoti, di fornire forze di polizia per aiutare a catturare gli ebrei e a caricarli sui treni, e infine, ultimo gesto, di consegnare in buon ordine gli inventari dei beni della comunità per la confisca finale» (pp. 125-126)
«La soluzione finale si era svolta in un'atmosfera soffocante e avvelenata, e vari testimoni dell'accusa avevano confermato, lealmente e crudelmente, il fatto già ben noto che nei campi molti lavori materiali connessi allo sterminio erano affidati a speciali reparti ebraici; evevano narrato come questi lavorassero nelle camere a gas e nei crematori, estrassero i denti d'oro e tagliassero i capelli ai cadaveri, scavassero le fosse e più tardi riesumassero le salme per far sparire ogni traccia; avevano narrato come tecnici ebrei avessero costruito camere a gas a Theresienstadt e come qui l'"autonomia ebraica fosse arrivata al punto che perfino il boia era ebreo». (p. 130)
«Certo il popolo ebraico nel suo complesso era rimasto disorganizzato, non aveva avuto un terrirorio, un governo, un esercito: non aveva avuto un governo in esilio che lo rappresentasse presso gli Alleati (l'Agenzia ebraica per la Palestina, presieduta da Weizmann, era stata soltanto un miserabile surrogato), né depositi di armi, né una gioventù militarmente addestrata. Ma la verità vera era che sia sul piano locale che su quello internazionale c'erano state comunità ebraiche, partiti ebraici, organizzazioni assistenziali. Ovunque c'erano ebrei, c'erano stati capi ebraici riconosciuti, e questi capi quasi senza eccezioni, avevano collaborato con i nazisti, in un modo o nell'altro, per una ragione o per l'altra. La verità vera era che se il popolo ebraico fosse stato realmente disorganizzato e senza capi, dappertutto ci sarebbe stato caos e disperazione, ma le vittime non sarebbero state quasi sei milioni» (p.132)
«Se ci siamo soffermati tanto su questo aspetto della storia dello sterminio, aspetto che il processo di Gerusalemme mancò di presentare al mondo nelle sue vere dimensioni, è perché esso permette di farsi un'idea esatta della vastità del crollo morale provocato dai nazisti nella "rispettabile" società europea - non solo in Germania ma in quasi tutti i paesi, non solo tra i persecutori ma anche tra le vittime» (p. 133)  

lunedì, marzo 05, 2012

«I Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall'uso della forza, sia contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite»

We all prefer to resolve this issue diplomatically.  Having said that, Iran’s leaders should have no doubt about the resolve of the United States -- (applause) -- just as they should not doubt Israel’s sovereign right to make its own decisions about what is required to meet its security needs.  (Applause).                    [Fonte il sito della Casa Bianca]
Questo è a mio pare il passo più significativo del discorso che Obama ha tenuto davanti alla potente lobby degli ebrei americani, un nocciolo farcito da tante e ripetute parole per allentare la tensione e la voglia di intraprendere seriamente la via della guerra preventiva per risolvere una volta per tutte la possibilità (e la minaccia per loro) che un Iran indipendente e ostile possa dotarsi di armamenti nucleari. Paladini di questa soluzione estrema sono il Congresso, ovviamente bipartisan e il governo israeliano.
"Traducendo" queste parole, Obama mette in chiaro al regime iraniano come la linea principe sia quella diplomatica (pressioni, sanzioni) ma soprattutto che un'eventuale operazione militare da parte dello stato ebraico sia nel suo diritto e non produrrà alcun veto da parte degli Stati Uniti. Come dire, Israele ha il semaforo verde americano ma dovrà fare a meno di una sua partecipazione diretta e concreta alla fase militare eccetto per difendere Gerusalemme.
La scelta di intraprendere con vigore la via diplomatica è "dettata" in primo luogo dall'aver ricevuto nel 2009 il premio Nobel per la pace ("for his extraordinary efforts to strengthen international diplomacy and cooperation between peoples") proprio qualche mese dopo l'entrata in carica a Presidente degli USA, ed in secondo luogo (lo spero!) dal non voler infrangere la regola base della convivenza internazionale espressa nell'art. 2 par. 4 della Carta dell'ONUI Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall'uso della forza, sia contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite») in una fase un cui il Presidente americano ha pensato bene di avvertire la platea che «already, there is too much loose talk of war».            

giovedì, settembre 22, 2011

Le "scorciatoie" di Obama

E finalmente ci siamo arrivati! Il giorno in cui l'Autorità palestinese e l'OLP in seno alle Nazioni Unite dichiareranno al mondo l'intenzione formale di entrare come entità statuale nel consesso della Comunità internazionale. Come risposta al salto di qualità di strategia diplomatica intrapresa dalla leadership palestinese il presidente statunitense ha chiarito che " non c'è scorciatoia per terminare il conflitto che dura da decenni", ripetendo il famoso mantra:

«it is the Israelis and the Palestinians - not us - who must reach agreement on the issues that divide them: on borders and on security, on refugees and Jerusalem. Ultimately, peace depends upon compromise among people who must live together long after our speeches are over, long after our votes have been tallied. That’s the lesson of Northern Ireland, where ancient antagonists bridged their differences. That’s the lesson of Sudan, where a negotiated settlement led to an independent state. And that is and will be the path to a Palestinian state -- negotiations between the parties.»

Per una serie di circostanze all'indomani della guerra del Sei giorni del '67 i paesi arabi non hanno capito l'urgenza di confrontarsi diplomaticamente con Gerusalemme e con i famosi tre no di Karthoum hanno "incentivato" loro malgrado Israele ad iniziare quell'impresa di colonizzazione che tanto deleteria si è rivelata per la società e lo Stato israeliano in primis: più di 600.000 coloni nella West Bank e a Gerusalemme alimentano la situazione di discriminazione che esiste in questi territori. 
La richiesta del presidente palestinese all'ONU è una dichiarazione legittima contro l'occupazione per salvare la formula tanto cara anche all'Amministrazione americana "due territori per due stati che vivono in pace e sicurezza con riconosciuti confini".  
Condivido le parole di Obama che «Peace is hard work. Peace will not come through statements and resolutions at the United Nations - if it were that easy, it would have been accomplished by now. Ultimately, it is the Israelis and the Palestinians who must live side by side. Ultimately, it is the Israelis and the Palestinians - not us - who must reach agreement on the issues that divide them: on borders and on security, on refugees and Jerusalem», ma non si può rimanere inermi dall'inizio dal cosiddetto "processo di pace" degli anni novanta mentre Israele accelerava l'occupazione e bollare venti anni dopo l'iniziativa palestinese all'ONU come unilaterale! 
E la vera scorciatoia è l'occupazione israeliana che progredisce incessantemente proprio e soprattutto nei momenti dello stallo diplomaticamente bilaterale, l'azione unilaterale che ha sempre contraddistinto le azioni concrete sul terreno da parte di Israele. Questo purtroppo è il vulnus che è insito nei negoziati diretti e che ha inevitabilmente portato i palestinesi ha rivolgersi alle Nazioni Unite anzitutto come mezzo di pressione internazionale benché la strada intrapresa è lunga e irta di ostacoli, primo fra tutti il dichiarato uso del veto americano al Consiglio di Sicurezza sulla probabile risoluzione di "raccomandazione" necessaria all'iter di ammissione. 



   

lunedì, ottobre 11, 2010

Per qualche mese di pausa in più... (dopo decenni di occupazione)

E' apparso sul Financial Times un articolo sulla capacità dell'Amministrazione americana di usare la leva finanziaria per incentivare a rimuovere "volontariamente" i coloni dai territori occupati che riallaccia le fila del mio intervento del 25 agosto 2008 ("Il carattere umanitario nel finanziamento agli insediamenti") e di un'indagine più recente del New York Times ("Tax-Exempt Fund Iad Settlements in West Bank"). Scritto dalla consigliera legale del presidente palestinese Mahmoud Abbas, Diana Buttu, in un contesto come quello attuale dove si dibatte di un'ulteriore moratoria sulla costruzione degli insediamenti israeliani, evidenzia di nuovo lo stretto intreccio fra diversi gruppi e associazioni americani con lo sviluppo delle colonie. E' veramente ridicolo parlare di "pausa" nell'attività di costruzione per 1, 2, 5 o 12 mesi dopo tanti anni di occupazione militare, e un incessante stravolgimento fisico e demografico: o dobbiamo iniziare seriamente a parlare di smantellamento, altrimenti si deve prendere coscienza della situazione sul terreno e aspettarsi una federazione. L'alternativa è una discriminazione permanente.

lunedì, giugno 28, 2010

"A tribal mentality"

Lo scorso novembre mi ero soffermato sul rapporto, a mio parere fondamentale, fra Ebrei e Goym (non ebrei) ed è proprio a questo riferimento che segnalo un'ottimo articolo apparso su Haaretz. "Per noi [ebrei], non c'è nessun altro eccetto noi" è la sconcertante constatazione del giornalista che rende insensibili gli animi alle sofferenze altrui. La stessa insensibilità dimostrata dai vari ministri israeliani all'indomani della guerra di Gaza dove hanno perso la vita più di 400 bambini palestinesi.

mercoledì, giugno 02, 2010

Quello che i governi non riescono/vogliono fare

Passano settimane, mesi e anni ma dobbiamo tornare a parlare delle sconsiderate azioni di Israele e sono ripetizioni che diversi soggetti tacceranno come antisemitismo ma che sono soltanto delle dure critiche e il vero antisemitismo è tutt'altro. E come tante altre volte bisogna fare la conta delle vittime, ad oggi 10 e tutte civili, come conseguenza dell'assalto in acque internazionale alla nave turca diretta a Gaza per alleviare con aiuti umanitari l'insensato blocco navale imposto dal 2007.
Questa fatto è anche una lezione a tutte quelle persone che con modo superficiale considerano la Striscia di Gaza non più "territorio occupato" a seguito del ritiro dell'esercito israeliano nel 2005: il mondo si sveglia e "scopre" che ancora a Gaza è tutta sigillata.
Dobbiamo considerare la situazione soprattutto sotto un'altro punto di vista: dopo 43 anni di occupazione militare viene messa nudo l'incapacità o la non volontà politica di risolvere il conflitto mediorientale da parte delle Comunità internazionale e la contestualità della prorompente forza della società civile, composta organizzazioni umanitari, onlus, movimenti e semplici cittadini che si oppongono sempre più con azioni concrete sfidando questa ingiustizia.
E Israele?! Certamente passerà le prossime settimane a difendersi politicamente nelle sedi opportune, a dichiarare che i suoi commandos sono stati attaccati per primi e che hanno agito difendendosi, etc...; ma fondamentalmente sfrutterà il tempo per far passare in secondo ordine la disputa delle colonie e continuare a costruire, rendendo il tutto più arduo da risolvere.

mercoledì, febbraio 24, 2010

La perversa via dell'Apartheid

E' da lungo tempo che vado sostenendo come lo stato d'Israele abbia intrapreso una via pericolosa che scuote le fondamenta democratiche della società stessa, che adesso sempre più si levano voci critiche contro uno status quo caratterizzato dalla politica del mangiar tempo abbinata al fatto compiuto.
Una di queste proviene da Henry Siegman, esperto del Medio Oriente e in modo particolare del conflitto arabo-israeliano, con un articolo sul Financial Times (For Israel, defiance comes at the cost of legitimacy) Partendo da un dato di fatto incontrovertibile, ossia che lo stato ebraico ha ormai superato la soglia limite per la soluzione politica di due stati (nessun governo ha la capacità e la volontà di sradicare più di mezzo milione di coloni), ne deduce come la conseguenza imminente sia l'apartheid nei confronti dei palestinesi, e non ha torto. Ecco il passo decisivo:
"The disappearance of the two-state solution is triggering a third transformation, which is turning Israel from a democracy into an apartheid state. The democracy Israel provides for its (mostly) Jewish citizens cannot hide its changed character. A democracy reserved for privileged citizens while all others are denied individual and national rights and kept behind checkpoints, barbed wire fences and separation walls manned by Israel’s military, is not democracy."
E lo sappiamo bene che fine hanno fatto regimi macchiati da una politica di discriminazione e razzismo.

giovedì, febbraio 04, 2010

«La reazione GIUSTA ai missili di Hamas lanciati da Gaza»: Berlusconi giustifica la guerra di Gaza

Una parola "GIUSTA", assente nel testo scritto ma che il presidente Berlusconi non ha mancato di pronunciare nell'intervento alla Knesset israeliana, qualifica pesantemente la presa di posizione nei confronti della guerra di Gaza dove le sole vittime, per la maggior parte civili, hanno superato le 1400 unità. Il primo ministro italiano certamente manca di audacia perché di fronte a una platea di parlamentari e leader israeliani non dire una sola parola sulla colonizzazione che da più di 40 anni non cessa di opprimere, non sbattere in faccia la complessità della realtà e pronunciare belle e altisonanti parole per compiacere all'ascoltatore è sintomo non di coraggio e amicizia, ma di opportunismo politico.
La realtà è nel Rapporto Goldstone e nei crimini commessi da ambo le parti, ma sempre con le doverose differenziazioni di ruolo e intensità (vedi post precedenti).
Ma anche se volessimo avvicinarci alle parole di Berlusconi e legittimare genericamente la reazione di Israele, il premier avrebbe potuto considerare quest'ultima come, ad esempio, "affrettata", "istintiva", "non pienamente valutata", persino addirittura "sproporzionata", come nei fatti lo è stata. Invece, neanche quel minimo tatto diplomatico ha impedito l'aggiunta deliberata dell'aggettivo "GIUSTA" senza i doverosi distinguo.
Le lodi gratuite fatte a Israele («il più grande esempio di democrazia e di libertà nel Medio Oriente», «il popolo ebraico è un "fratello maggiore"», «un avamposto della cultura europea e occidentale», «una vera democrazia, una società libera e orgogliosa della sua libertà, uno Stato libero e democratico in tutto eguale alle democrazie europee») sono alquanto sterili di fronte alla forza della realtà: la negazione coi fatti del diritto di autodeterminazione del popolo palestinese.
Cosa accadrà in futuro se lo stato ebraico riuscirà a ottenere la solidarietà delle maggiori potenze politiche mondiali, persino dopo un'insensata violenza come è accaduto a Gaza?