domenica, agosto 10, 2008

«The Israeli hunger for land »

Quando il governo israeliano indice una gara d'appalto (tender) per la costruzione di alloggi nei territori accupati le reazioni internazionali sono sempre le medesime, condite di quell'eufemismo che riesce a offuscare la realtà: gli insediamenti "minacciano il processo di pace"(quale? quello dei leader politici mentre sul terrono i fatti sono estremamente diversi?), "mettono in pericolo i negoziati"; "creano un'atmosfera di sfiducia fra le parti", ecc. In altre parole, sono tutte dichiarazioni pubbliche che contengono verbi in cui in un futuro più o meno lontano la pace potrebbe diventare un miraggio. Tuttavia, si vuole trasmettere un messaggio che ancora è fattibile un'onesta pace.
A mio avviso, occorre nuovamente guardare la realtà e constatare come tutte queste affermazioni abbiano ormai superato da tempo il grado di anacronismo. Una pace concreta e possibile è effettivamente già un miraggio proprio a causa di questo molle atteggiamento della Comunità internazionale nei confronti dell'incessante colonizzazione israeliana, quella condotta di sterili parole che ha permesso a più di mezzo milione di coloni (incluso Gerusalemme est) di stravolgere politicamente e demograficamente il panorama geopolitico dei territori occupati.
In questo contesto, si inserisce in modo chiaro ed efficace questo articolo del grande storico israeliano Zeev Sternhell "Zionism's dying between Hebron and Yitzhar", in cui si sottolinea come Israele per intraprendere una pace di compromesso debba affrontare una spinosa problematica interna, uno Stato dentro uno Stato: i coloni. In un'altro articolo del maggio 1998, "Zionism’s secular revolution", mette in luce come la ragione profonda del "desiderio ardente" per la terra biblica risieda proprio nel nazionalismo ebraico, tralasciando o mettendo in second'ordine gli eventi occasionali, le circostanze e le oppotunità politiche e militari (ad es: la guerra dei Sei giorni) che hanno prodotto l'occupazione. Ecco un passo significativo:
«Jewish nationalism is scarcely any different from the nationalism of Central and Eastern Europe: ethnocentric, religious and cultural, immersed in the cult of an heroic past. It has no difficulty in refusing to others the same elementary rights which, in all tranquillity, it demands for itself. Thus Zionism, confident of its right to reclaim all the historic land of our kings and prophets, was unable to conceive that there could be any other legitimacy in the land of the Bible.
So we must ascribe the beginnings of our settlement of Arab lands to the very nature of our nationalism, not to the heady victories of war or the passing extinction of some humanist value. If we had just wanted to keep the territories as bargaining counters for peace, the day the Arabs were prepared to negotiate, why not have kept them under the rules of strict military occupation together with absolute respect for international law?»

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